Pitture ritrovate di Santa Rosalia a Palazzo Abatellis e Palazzo Mirto per il Festino 2013

 

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(8 ottobre 2013 - aggiornamento) – Prorogata al 9 novembre l'esposizione presso Palazzo Abatellis. 

(4 luglio 2013) – A Palermo, presso Palazzo Abatellis e Palazzo Mirto, a partire dal 12 luglio 2013 saranno esposte al pubblico due pitture dedicate a Santa Rosalia risalenti al Settecento e all’Ottocento ritrovate e restaurate.

Riceviamo e pubblichiamo la scheda della Galleria Interdisciplinare Regionale della Sicilia.

«In occasione del Festino 2013 la Galleria interdisciplinare di Palazzo Abatellis prende parte alle manifestazioni dedicate a Santa Rosalia con iniziative di valorizzazione delle collezioni e del patrimonio presentando importanti inediti.

A partire dal 12 luglio nelle sedi di Palazzo Abatellis e di Palazzo Mirto, sarà possibile visitare due esposizioni. Rispettivamente: “Pittura del Settecento ritrovata e restaurata a Palazzo Abatellis dalla Chiesa di Santa Rosalia a Palermo distrutta per il taglio della via Roma”; “Pittura dell’Ottocento ritrovata e restaurata a Palazzo Mirto: una Madonna del Rosario con Santa Rosalia sullo sfondo del golfo di Palermo e monte Pellegrino”.

Si tratta di inediti quanto sorprendenti recuperi che ancora una volta confermano l’importanza della tutela entro i depositi museali che sono i custodi della memoria in attesa che la ricerca e il restauro restituiscano identità al patrimonio.

A Palazzo Abatellis una grande porzione di affresco e un dipinto su tela si sono rivelati come sopravvivenza dell’arredo pittorico dell’antica chiesa barocca di Santa Rosalia “allo Stazzone”, distrutta nel primo ventennio del Novecento per il taglio della via Roma, la nuova via «…. larga, elegante, signorile… una delle più aristocratiche strade della nostra città», come spiegavano le cronache del tempo.

Fino ad oggi si pensava infatti che il magnifico affresco della volta, opera di Pietro Martorana, fosse perito insieme al monumento architettonico, sopravvissuto nella memoria grazie alle antiche foto che la tenace volontà di Giuseppe Pitrè volle che fossero eseguite in vista degli abbattimenti.

Il grande frammento di affresco recuperato nei depositi di Palazzo Abatellis è tratto dalla parte centrale della volta e raffigura un folto gruppo di angeli che porta in gloria San Benedetto, alla cui regola obbediva il monastero di Santa Rosalia, secondo la tradizione seicentesca che accreditava l’adesione di Rosalia all’Ordine delle Benedettine. Insieme all’affresco ritrovato, assai lodato dalle fonti dell’epoca come capolavoro di Pietro Martorana, l’esposizione presenta altri tre dipinti provenienti dalla distrutta chiesa di Santa Rosalia di cui un inedito restaurato nei laboratori della Galleria e riconosciuto come una delle numerose tele che Gioacchino Martorana, figlio di Pietro, eseguì per la navata. Sarà esposto per la prima volta anche il bozzetto della pala dell’Immacolata, un tempo posta sull’altare maggiore della chiesa e oggi al Museo Diocesano, opera di Mariano Rossi, un altro dei protagonisti della pittura siciliana del Settecento, fra la Sicilia e Roma.

L’esposizione si pone come avvio di un percorso di approfondimento sulla perduta chiesa di Santa Rosalia che coinvolgerà gli altri istituti museali e di cultura della città, dal Museo Diocesano, dove furono trasferite diverse opere all’atto della demolizione della chiesa, alla Soprintendenza, al Museo Pitrè, all’Università, ciascuno depositario di brani di storia del monumento.

A Palazzo Mirto sarà esposta una grande pala d’altare, proveniente dall’Albergo dei poveri e già posta in sicurezza dalla Soprintendenza presso Palazzo Mirto in attesa di restauro. L’intervento conservativo, eseguito nell’ambito del corso di laurea in Conservazione dei Beni culturali, ha restituito all’opera piena leggibilità iconografica, rivelando brani di paesaggio “dal vero” e rinsaldando, ancora nell’Ottocento, il legame di santa Rosalia con la città di Palermo, il suo porto e il suo monte. Inoltre ne sono emerse le qualità formali riferibili alla cultura figurativa di Giuseppe Patania».

 

 

 

 

 

 

 

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