Alla Locanda del Samaritano la carità non va in vacanza

 

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Nadia Sabatino è la responsabile della struttura alla quale dedica gran parte della propria vita. È una psicologa psicoterapeuta, arriva in Caritas per la prima volta all’età di 17 anni con la scuola e da quel momento ha sentito che quel “posto” sarebbe stato parte della sua vita. Ha cominciato con il servizio civile e il volontariato, si è formata ed è cresciuta nelle sue esperienze personali e professionali dando sempre spazio all’incontro con chi vive più fragilità. Incontrare una persona per lei significa conoscerla profondamente nei propri bisogni ma anche nelle proprie risorse per provare insieme a costruire percorsi.

Mi riceve al primo piano della struttura in un silenzio quasi irreale. Me ne meraviglio e dice subito. “Ancora un’ora e il clima cambierà. Alle 12 c’è il primo turno per il pranzo e alle 13 il secondo e i nostri ospiti, per quanto ben educati, sono sempre molto allegri e rumorosi”.

La prima domanda è d’obbligo: Come fate a dire che qui la carità non va in vacanza?

Questa non è una notizia, ma un fatto. La struttura è sempre aperta e funzionante a Pasqua, a Natale e a Ferragosto, 365 giorni l’anno.

E come fate visto che non avete personale a tempo pieno e tutto si regge sul volontariato?

La nostra struttura si regge oltre che su alcune unità a tempo pieno su tanti volontari “storici” che vengono con regolarità nel corso dell’anno per assicurare i servizi che offriamo agli ospiti.

Ma durante l’estate?

Durante l’estate accade che alcuni di questi per vari motivi non possono assicurare la stessa quantità di presenza e a questa carenza facciamo fronte con volontari temporanei che vengono sia da Palermo che - in molti casi - da fuori per fare una esperienza di solidarietà significativa durante l’estate.

E con questi come lavorate?

Questi ultimi organizzano per tempo la loro presenza tra noi, telefonano più volte nel corso dell’anno e ove possibile concordano anche il periodo e la durata del soggiorno.

E abitano in questa struttura tutto il tempo?

In genere si organizzano in proprio, ma talvolta li aiutiamo anche noi a trovare alloggio. Rimangono magari una settimana in cui oltre al servizio che rendono ai nostri ospiti, trovano tempo per conoscere Palermo, hanno dei momenti di riflessione comune sul senso della loro scelta e in concreto ci offrono la possibilità di garantire regolarmente tutti i servizi per tutta l’estate.

Da dove e come vengono?

L’estrazione è varia: sono gruppi parrocchiali, Caritas diocesane, studenti di scuola superiore, spesso accompagnati dagli insegnanti, seminaristi, ecc. Vengono da tutt’Italia. Queste esperienze sono molto belle e utili anche per noi operatori, c’è un dare e un ricevere che va spesso oltre la permanenza tra noi e genera rapporti a distanza sempre molto significativi. Accade anche che poi gli stessi gruppi tornano l’anno successivo.

Come funzione questo Centro di accoglienza?

Il fulcro della nostra attività è il Segretariato Sociale, luogo in cui tre volte la settimana si incontrano quanti richiedono il nostro aiuto. È una circostanza in cui il personale preparato e specializzati inizia a conosce e ad ascoltare il bisogno che le persone esprimono, sia per comprendere come venire incontro nell’immediato sia per comprendere il vero e più profondo bisogno della loro vita.

E poi?

Dopo questa valutazione si indirizzano o alle nostre strutture o a quelle presenti sul territorio, perché noi lavoriamo in stretto rapporto sia con il Privato sociale che con i Servizi del Comune di Palermo, oltre che con la Prefettura e la Questura. Più in dettaglio in questa struttura che chiamiamo abitualmente “Locanda del Samaritano” abbiamo le docce, la mensa, ogni giorno con due turni a pranzo, per un totale di 80 persone in media, e l’accoglienza notturna.

E chi non può essere accolto qui?

Nel circondario vi sono altre strutture che offrono il pranzo o la cena, alcune solo la domenica, altre solo la settimana. In totale ritengo che in città si offrono circa 500 pasti al giorno sia a pranzo che a cena. Da gennaio gestiamo in partenariato con altre realtà del territorio un progetto rivolto a persone fragili e senza dimora che ha visto l’apertura di 3 poli diurni e notturni. Tale progetto è finanziato dal Comune con fondi europei ed è portato avanti dal partenariato costituito da noi, dall’Opera don Calabria e dall’Istituto Valdese, e la Croce rossa con un compito più specifico.

E di cosa si tratta?

Di offrire accoglienza e insieme ad essa un percorso che tenda a riportare ad una vita normale quanti per vari motivi vivono una condizione di eccezionalità. È una esperienza molto bella e positiva perché gestita insieme con operatori che vengono da esperienze diverse, ma che lavorano giornalmente insieme riuscendo ad ottenere in tal modo risultati lusinghieri.

Come giungono a voi le richieste?

Molte vengono dal lavoro delle “Unità di strada”, persone che soprattutto la notte incontrano quanti non hanno dimora ai quali offrono non appena un pasto o una coperta, ma una possibilità per riprendere in mano la propria vita.

Stiamo parlando dei barboni o clochard che dir si voglia?

Non appena. Oggi il senza dimora non è più il barbone tradizionale, ma spesso è una persona che magari in breve tempo si è trovata senza abitazione per contingenze momentanee (disoccupazione improvvisa, dipendenza da gioco o alcool, separazioni matrimoniali); grazie a questo lavoro tutti insieme cerchiamo di trovare una sistemazione pur momentanea, perché spesso questa persona prova vergogna per la situazione in cui si trova e quindi stenta a chiedere aiuto.

E cosa offrite loro?

Oltre al cibo, alla pulizia e al letto, durante il giorno sono previsti laboratori occupazionali: giardinaggio e attività domestiche, per rendere tutti responsabili del proprio spazio vitale. La regia dell’accoglienza è unica in questo progetto e si accolgono sia italiani che stranieri.

E che tipi sono questi ospiti?

All’inizio un po’ diffidenti, ma poi comprendono che offriamo loro una opportunità Quindi sono molto educati e rispettosi delle regole, necessarissime in un luogo simile. Poi sanno fin dall’inizio che non potranno stare per sempre insieme a noi e quindi si mobilitano per trovare una soluzione più definitiva alla loro precaria condizione

E gli stranieri?

Il percorso non è molto differente, salvo il fatto che il Decreto Sicurezza ha provocato per un certo numero di loro la necessità di trovare una sistemazione che prima avevano nelle strutture apposite. A novembre e dicembre scorso abbiamo avuto tante richieste di persone che non avendo più il permesso di rimanere in Italia per motivi umanitari non potevano più essere ospitate negli SPRA e quindi si sono trovate senza tutela. In questa casistica stanno anche i neo maggiorenni che perdendo la tutela prevista per legge si sono trovati privi di ogni possibilità di sostegno. Abbiamo avuto molte richieste di persone prive dei circuiti di protezione che chiedevano aiuto. Ma devo dire che siamo riusciti a far fronte a tutte le richieste. Ora la situazione si è stabilizzata.

A proposito del Decreto Sicurezza, dal vostro punto di vista che conseguenze avete riscontrato?

Sul versante della disponibilità di quanti ci hanno aiutato e ci continuano ad aiutare nessuna. I volontari continuano ad esserci e a chiedere di dare una mano. Su questo abbiamo tutti una visione positiva della vita. Quanto al clima complessivo noi respiriamo la stessa aria che respirano gli altri italiani, e quindi soffriamo come tanti nel vedere che quelli che fino a poco tempo fa erano ritenuti fratelli bisognosi oggi sono considerati pericolosi nemici.

Come anticipato improvvisamente la struttura si anima. Il vocio aumenta finché i primi 40 ospiti non prendono posto a tavola. C’è un clima di grande amicizia e comprensione. Sanno che devono fare in fretta per dare posto a quelli del turno delle 13, che pazienti aspettano nel cortile.

In questa attesa c’è modo di incontrare due seminaristi del Seminario San Pio X di Messina che fanno servizio per una settimana nel centro.

Claudio Sirni quest’anno inizierà il secondo anno di seminario. “Sono venuto a Palermo - dice -. per fare una esperienza di formazione e di carità, proprio perché credo che la carità non va in vacanza e questo per me è il modo migliore per dimostralo. I nostri compagni di seminario in questi giorni si trovano in altre diocesi e strutture della Sicilia per fare analoghe esperienze di carità. Noi svolgiamo tutto l’anno a Messina esperienze simili; poi approfittiamo dell’estate per farne alcune più significative e fuori dal nostro ambiente tradizionale per fare conoscenze nuove e anche amicizie nuove. La carità è uno dei fondamenti della nostra fede; per questo la nostra permanenza è anche una esperienza di fede. Ascoltare e servire: sono i due termini che esprimono sinteticamente la nostra esperienza palermitana”.

Antonino Morabito entra quest’anno al IV anno. “Quando si servono a mensa i poveri - dice - bisogna sempre ricordarsi che in quel gesto stiamo servendo Cristo presente lì e ora in quei fratelli bisognosi. Abbiamo svolto il nostro servizio in cucina per preparare i cibi, a mensa per servire gli ospiti e in cucina per lavare le stoviglie. Cambia la forma, ma la sostanza non cambia. Abbiamo fatto anche altre belle esperienze: un giorno siamo stati nella parrocchia di san Gaetano a Brancaccio per fare il Grest con i bambini della parrocchia e stamattina abbiamo partecipato alla Messa nella Missione di Speranza e di Carità di Via Archirafi, avendo modo così di conoscere direttamente una esperienza di cui avevamo solo sentito parlare”.

L’ultima domanda è per Nadia.

E le tue vacanze?

Abbiamo stabilito insieme agli altri una turnazione per le ferie e la prossima settimana andrò un po’ al mare e poi in montagna sulle Madonie. Sento l’esigenza di “staccare” ma so anche che il mio pensiero sarà sempre in connessione con i colleghi, con i volontari e con i nostri ospiti che rimangono al centro; voglio esserci se si raggiunge un risultato importante, se succede qualcosa di brutto o se si festeggia un avvenimento. Non si può mai andare in vacanza dalla voglia di stare insieme e di condividere con persone che sento come famiglia e in un posto che sento come casa.

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