Presentato anche quest’anno il Calendario 2019 di Russia Cristiana

 

presentazione libro calendario russia cristiana 2019 2

Nella suggestiva Cripta di S. Giorgio dei Genovesi sede dell’Ucai è stato presentato a Palermo per iniziativa del Centro Culturale Il Sentiero, il tradizionale libro-calendario di Russia Cristiana, il quale ritorna, dopo varie edizioni, alle icone russe, proponendo le più belle raffigurazioni della Madre di Dio presenti nella collezione del Museo di Vladimir-Suzdal’. Segue un’intervista di Francesco Inguanti all’iconografo Giovanni Caronia.

È stato presentato a Palermo per iniziativa del Centro Culturale Il Sentiero, come è consuetudine ormai da diversi anni, il tradizionale libro-calendario di Russia Cristiana per il 2019 nella suggestiva Cripta di S. Giorgio dei Genovesi sede dell’Ucai, con la presenza della presidente Fulvia Reyes. Sono intervenuti Rita Martorana Tusa, Storica dell'arte e Giovanni Caronia, Iconografo, ha partecipato con il suo saluto pieno di gratitudine padre Andrey Parfenchick del patriarcato di Mosca a Palermo. L'incontro è stato presentato da Giuseppe Lupo del Centro Culturale e si è voluto iniziare con una preghiera recitata da Filippo La Porta, un inno dedicato alla Vergine, presente nel calendario, che fa parte della letteratura del Samidazt che circolava in dissenso nel XX secolo durante il regime sovietico.

Il libro-calendario, curato da Giovanna Parravicini della Fondazione Russia Cristiana, quest’anno ha per titolo A Te cantiamo in eterno e ritorna, dopo varie edizioni, alle icone russe, proponendo le più belle raffigurazioni della Madre di Dio presenti nella collezione del Museo di Vladimir-Suzdal’ e datate dalla metà del XII all’inizio del XX secolo. I testi del libro-calendario scritti da Marja Bykova, storica dell’arte e collaboratrice del museo russo, mettono in rilievo gli elementi storici, stilistici e iconografici delle icone e della cultura da cui nascono. Ad essi vengono affiancate alcune preghiere della Chiesa russa, composte in momenti particolarmente drammatici della sua storia: ai tempi delle invasioni dei tatari e dei mongoli e nel XX secolo.

Rita Martorana Tusa ha messo in evidenza che la collezione di icone del museo di Vladimir-Suzdal’ proviene da monasteri e chiese locali e un tempo erano collocate sopra iconostasi o leggii, oppure venerate in oratori domestici.

Vladimir, antica capitale russa e oggi una delle tappe del percorso del celebre “Anello d’oro”, contava infatti un numero ingente di monasteri e chiese dedicati alla Madre di Dio. Sono i cosiddetti Monumenti bianchi di Vladimir e Suzdal’, oggi patrimonio dell’Unesco, caratterizzati da facciate regolari in pietra bianca, che si armonizzano alla perfezione col paesaggio circostante.

La città di Vladimir coltivò sempre una particolare venerazione mariana, dovuta in primo luogo alla presenza della celeberrima icona della Madre di Dio della Tenerezza di Vladimir, che costituisce uno dei segni distintivi della identità culturale e spirituale della nazione russa.

La Theotokos di Vladimir raffigura la Vergine e il Bambino secondo il tipo della Madonna Eleousa o Glicophilousa, cioè appunto “della tenerezza”, in quanto mette in evidenza il rapporto affettuoso tra la Madre e il Divino Bambino. L’icona della Madre di Dio di Vladimir in originale è opera di un ignoto iconografo di Costantinopoli e divenne importante per tutto il periodo dell’invasione tatara a causa di numerosi interventi miracolosi.

A Mosca davanti a questa icona venivano incoronati gli Zar e consacrati i Patriarchi; nel 1917, in seguito alla rivoluzione bolscevica le autorità vietarono qualsiasi celebrazione religiosa e l'icona fu rimossa dal tabernacolo in cui si trovava, per essere restaurata e successivamente collocata nella Galleria Tret'jakov a Mosca, dove è tuttora conservata.

Il calendario presenta anche la versione dell’icona di Vladimir attribuita al celebre iconografo Andrej Rublev, attivo nei primi decenni del XV secolo. Di lui si hanno pochissime notizie, il solo lavoro interamente e senza dubbio attribuito a lui è l'Icona della Trinità, conservata presso la Galleria Tret'jakov, che raffigura i tre angeli in visita ad Abramo.

Nella sua arte si combinano un alto ascetismo e l'armonia classica di derivazione bizantina e nel 1551, a Mosca, il Concilio dei Cento capitoli stabilì che l'iconografia di Rublëv era il modello per ogni pittura ecclesiastica e lo stesso Rublev iniziò a essere venerato come santo.

L’icona è la creazione più straordinaria della cultura artistica del medioevo in Russia, il genere più affine al cuore del suo popolo; destinata alla contemplazione raccolta e alla preghiera silenziosa. In particolare l’immagine della Madonna della tenerezza fa da modello di riferimento per gli artisti occidentali che, già dalla fine del XII secolo, cominciano ad elaborare questo modello iconografico evidenziando gli aspetti più umani del rapporto Madre-Figlio.

Giovanni Caronia, che ha descritto le icone nei particolari facendone gustare ancora di più la bellezza e ha illustrato anche le vari fasi della ‘scrittura’ dell’icona, ha voluto ricordare quanto fu stabilito nel Concilio di Nicea riguardo alla legittimità del culto dell'icona: “l’arte appartiene al pittore, ma la maniera in cui ha da essere disposta è di pertinenza della Chiesa per paura di devianze ereticali”.

E s. Giovanni Paolo II nella Lettera agli artisti indirizzata nel 1999 a tutti gli artisti parlando dell’icona in ambito orientale scriveva: “…l’arte dell’icona è legata a significativi canoni teologici ed estetici e sorretta dalla convinzione che, in un certo senso, l’icona è un sacramento: analogamente, infatti, a quanto avviene nei sacramenti, essa rende presente il Mistero dell’Incarnazione”.

Anche quest'anno terminare il vecchio anno con questo incontro nella prospettiva del nuovo anno che si avvicina è stato particolarmente bello, un calendario interamente dedicato alle immagini della Madonna ci ricorda che è possibile mettere il nostro tempo sotto la protezione tenera del suo manto. Le icone in tutti i loro particolari hanno un significato profondo e la loro contemplazione ci aiuta a recuperare il senso della vita e della storia, il libro-calendario è un ottimo strumento che ci accompagna durante il corso dell’anno.

 

A conclusione dell’incontro abbiamo chiesto a Giovanni Caronia.

Come è nata questa passione per l’iconografia?

In modo del tutto casuale. A metà degli anni ottanta mi fermai al Meeting di Rimini allo stand di Russia Cristiana e fui colpito dalle attività che l’Associazione svolgeva e da alcune icone che erano esposte. Non conoscevo nulla di quest’arte e ne fui favorevolmente impressionato, tanto che cercai al ritorno di documentarmi. Lavoravo ancora in banca e certo non avevo tempo libero da dedicare a questo tipo di pittura che era per altro molto distante dalla mia storia e dal contesto in cui vivevo.

E poi?

Poi parecchi anni dopo accadde che in una parrocchia di Palermo notai alcune tavole di legno un po’ diverse dal solito. Ne chiesi per pura curiosità notizie al parroco il quale mi rispose che erano di un legno particolare necessario per fare delle icone che sarebbero state spedite a un suo confratello che insegnava nella scuola di iconografia a Seriate. A questo punto la curiosità si trasformò in interesse.

E in che modo?

Decisi l’unica cosa utile per proseguire: andare a Seriate e partecipare ad uno dei corsi di iconografia che si tengono periodicamente.

E lì cosa accadde?

Mi recai a villa Ambiveri, che è una costruzione settecentesca circondata da un vasto parco, ambiente ideale per convivenze di studio, dove si svolgono i corsi, tenuti da un’equipe di maestri della scuola, che intendono introdurre alla conoscenza dell’iconografia cristiana nel suo contesto teologico-liturgico, artistico e culturale, al fine di riprendere fedelmente quanto la tradizione ha insegnato e comprendere il messaggio dell’iconografia per il nostro tempo.

Qual è il messaggio per il nostro tempo?

L’icona segna il maturarsi nella Chiesa della coscienza di Cristo e l’identità dell’uomo creato a Sua immagine e somiglianza.

Cosa si faceva di preciso?

Il ritmo della giornata era scandito dalla preghiera, dalla meditazione e dalla convivenza, e tutti questi elementi erano necessari e costitutivi per apprendere le nozioni teoriche e le esercitazioni che ci erano proposte al mattino e al pomeriggio.

E la conseguenza?

La conseguenza fu che io, che ero andato per imparare la tecnica iconografica, ho vissuto un’esperienza globale di contemplazione del Mistero, che mi ha aiutato a conoscere me stesso.

In che senso?

Nel senso che compresi che per prendere in mano il pennello dovevo innanzitutto conoscere di più il rapporto che mi lega al Padre e che dipingere una icona vuol dire tirar fuori l’impronta di Dio che è dentro di noi. L’icona ha infatti le proprietà del segno e del simbolo alle quali si aggiunge l’elemento umano, per cui il simbolo diviene immagine trascendente ma concreta. Pertanto l’Infinito si riflette nel finito lasciando esprimere l’indicibile.

Cioè?

Si tratta di obbedire ai canoni dettati dalla Chiesa nel Concilio di Nicea II (787), dove fu sancita la legittimità del culto delle icone. Diversamente dall’arte rinascimentale, che impegna il pittore a tradurre su tela la bellezza e la perfezione umana, l’arte dell’icona rende presente il Mistero dell’Incarnazione. Proprio per questo la bellezza dell’icona può essere apprezzata all’interno di un tempio con lampade che ardono nella penombra e suscitano infiniti riflessi di luce.

Ma se le icone hanno questi binari così rigidi e predeterminati, in cosa consiste il valore aggiunto, la particolarità che vi aggiunge l’autore?

Anche se le icone apparentemente sono tutte uguali, almeno negli standard tradizionali, l’autore è libero di aggiungere quegli elementi che ritiene più propri, purché abbiano un significato senza stravolgere l’impianto originario.

Ci può fare un esempio?

L’icona della Madre di Dio di Vladimir in originale è opera di un ignoto iconografo di Costantinopoli, che l’avrebbe tratta come replica da un originale venerato nella chiesa dell’Eleousa. Ma quella nota a tutti è opera di Andrei Rublev. Sono due capolavori con storie diverse ma con un unico scopo. Rendere lode al Signore.

E adesso, da quando è andato in pensione?

Certo da alcuni anni dedico più tempo a quest’arte che col tempo è divenuta un impegno e una vocazione che desidero svolgere come servizio alla Chiesa. Per tenere vivo lo spirito mi reco spesso a Seriate, dove fondamentale è stato per me il rapporto con padre Romano Scalfi, fondatore di Russia Cristiana nel lontano 1957, e l’amicizia che ne è nata anche con alcuni maestri: Giovanna Parravicini, Paola Cortesi, Elena Tagliabue e Amelia Limata. Negli ultimi anni ho avuto la possibilità con un gruppo di amici dell’associazione “Il Baglio” di andare anche a Mosca e a Vladimir per vedere di persona l’icona della Madre di Dio, ho anche fatto alcune mostre di mie icone a Palermo allo scopo di divulgare la conoscenza e la tradizione dell’icona e trasmettere l’esperienza che ho fatto a Seriate che ha generato un cambiamento nella mia vita.

 

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