Il “Parco rupestre Re Ferdinando IV di Borbone” a Scopello

 

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Lo spettacolo impagabile che la natura porta ai nostri occhi ha bisogno di essere accompagnato dalle emozioni che i luoghi sono in grado di trasmettere e molto spesso, grati al Creatore, ci soffermiamo di fronte a ciò che riteniamo infinitamente grande e probabilmente miracoloso; rimaniamo in silenzio di fronte ad un bellissimo tramonto, dove si mischiano colori ed intensità differenti, rimaniamo colpiti da ciò che la natura è in grado di mostrarci, senza, d’altro canto, noi spettatori, riuscire a proferire parola.

Quando, busso al “Parco Rupestre Re Ferdinando IV Di Borbone”, mi ritrovo dinanzi ad una porta, dalle vetrate in vetro sottilissimo, incorniciate da del legno bianco anch’esso molto sottile, cercando di scorgere qualcuno all’interno che venisse ad aprire. Dopo qualche minuto, mi accoglie il padrone di casa, il prof. Tullio Sirchia, con infinito garbo e gentilezza. Accende le luci della sala d’ingresso, e da li, e da quel momento, inizia un meraviglioso viaggio dell’anima in un luogo di infinito stupore. Non conoscevo la storia di quella residenza, ma osservando i suoi angoli, i suoi affreschi, il suo arredamento, sentivo come se ogni cosa mi parlasse, volesse comunicare emozione, fino a scorgere sopra un mobile della sala all’ingresso, il numero “111” della rivista “BIOARCHITETTURA”. A quel punto un’emozione fortissima mi assale, il mio legame personale a quei testi e a quella rivista che avevo supportato su un progetto di riqualificazione ambientale è forte; e la consapevolezza che percorrendo quei luoghi avrei visto oltre che con gli occhi, soprattutto con il cuore, qualcosa di veramente straordinario diviene certezza, E così accade. Il Prof. Tullio Sirchia, divenuto proprietario del parco, amante dei criteri naturalistici su cui si fondano i principi di bioarchitettura, nella riqualificazione di questo bellissimo teatro naturale, ha rispettato ciò che la natura stessa indicava nelle azioni di organizzazione di quei luoghi; ha rispettato, nel tempo e nello spazio, ogni singolo componete del parco, dal masso più grande alla pietra più piccola, dagli alberi più imponenti alla vegetazione apparentemente più fragile, creando così un museo all’aperto, dove l’opera della natura si fonde inevitabilmente con l’intervento dell’uomo, creando una sinergia che è certamente fonte di grande stupore ed incanto oltre che di molteplici riflessioni. Il Prof. Sirchia, uomo di grande cultura, ex Dirigente scolastico, oggi in pensione, ha dedicato molta parte della sua vita a riqualificare un luogo, inizialmente poco apprezzato dai più, probabilmente perché una zona difficile da vivere per la sua posizione, per il territorio scosceso e molto roccioso, creandone un parco dai sentieri straordinari, dove ogni angolo trasmette energia e diviene fonte di ispirazione, di raccoglimento, di riflessione, di pace interiore; dove si riesce a scorgere, da una cornice istallata su un piccolo masso che le fa da piedistallo, il mare, che a tratti appare sereno e di un blu intenso, che a tratti dipinge essa stessa i suoi contenuti e i suoi colori a volerci ricordare che nulla è statico, che tutto cambia e si trasforma; non abbiamo bisogno di distruggere per ricostruire, ma è necessario ascoltare ciò che naturalmente il nostro ambiente ci chiede e seguire le strade in cui esso stesso ci guida e ci parla. La visita al parco rupestre è un viaggio di introspezione profonda, una grande lezione di vita accompagnata dal racconto del Prof. Sirchia; ma ciò che colpisce più di ogni altra cosa il suo amore incondizionato per quei luoghi che nel tempo hanno creato una sinergia tale tra il parco e lui stesso a tal punto che l’uno non può e non potrà prescindere dall’altro, dove i principi dei luoghi e di chi vive i luoghi stessi si fondono e si intrecciano, trasmettendo a chi visita il parco una straordinaria emozione che certamente induce a ritornare più e più volte.

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