A Palermo bambini e genitori insieme nel Presepe vivente della parrocchia San Gabriele Arcangelo

Martedì 27 dicembre ore 16,30. La piazza antistante la parrocchia san Gabriele Arcangelo a Palermo, nel Quartiere Tasca Lanza - Margifaraci, di solito predominio di auto parcheggiate e di bambini che cercano di dare calci ad un pallone zizzagando tra esse, è gremita di persone. Sono famiglie con tanti bambini che attendono pazienti dietro la cancellata di poter entrare. Ma a quell’ora non sono previste cerimonie liturgiche né spettacoli teatrali, eppure l’attesa è tanta.

E l’attesa è per uno spettacolo un po’ particolare che andrà in scena con inizio alle ore 17 e che vede protagonisti ben 45 bambini, con il sostegno di tanti adulti che dietro le quinte daranno vita ad una azione scenica preparata da oltre un mese: il presepe vivente.

Oltre ai bambini e ai genitori sono stati coinvolti animatori pastorali, insegnati della scuola del quartiere e anche qualche nonno che si adopera per far entrare tutti a scaglioni di 15 persone al fine di non creare confusione.

Il percorso inizia subito dopo il cancello con la rappresentazione dell’Annuncio a Maria da parte dell’Angelo, e poi si snoda nei locali parrocchiali, occupando temporaneamente corridoi, uffici, sale riunioni e ogni spazio utile per ricostruire al loro posto capanne, botteghe artigiane, stalle, negozi. Sono stati ricreati così gli ambienti del passato recente e meno recente, grazie anche alla disponibilità di maestranze del quartiere che hanno approntato le strutture necessarie con annessi oggetti tutti veri e attuali, “compreso i pesci e il polipo che non sono di cartapesta”, tengono a precisare gli organizzatori.

Nell’ultima tappa si giunge alla grotta della natività, il cui centro è occupato da un “bambinello” in carne e ossa. Accanto a lui Maria e Giuseppe dall’apparente età di 12 anni che sembrano piuttosto i fratelli maggiori: ma tutto si spiega perché i veri genitori sono poco distanti e seguono con un pizzico di apprensione la prima performance del loro pargolo nato poco più di due mesi or sono.

Nella rappresentazione c’è spazio per alcuni animali: maiali, galline, asini, conigli, oltre che per tanti beni della terra “rigorosamente veri e appena raccolti dalla campagna” aggiunge il nostro accompagnatore.

E poi guai a dimenticare il panettiere, il pastaio, l’oste, il macellaio, il fruttivendolo, il castagnaio, il pescivendolo, il pescatore, il fioraio, il muratore, il calzolaio, il cestaio, il vasaio, le cucitrici, la ricamatrice l’immancabile dormiglione (“addumisciutu ru prissepiu”).

Ed ecco finalmente il parroco, don Angelo Tomasello, che da alcuni anni regge la parrocchia e assiste i circa 11.000 parrocchiani. Guarda da lontano con apparente distacco, perché, ci dice subito, “i protagonisti e i responsabili sono loro. Sono loro che hanno scelto i bambini, le scenografie, i costumi, gli strumenti, ed anche gli animali sono loro. Io tra poco andrò a celebrare Messa in chiesa”. Ma si vede subito la sua partecipazione e l’attenzione perché tutto sia a suo posto.

Gli chiediamo allora il perché di questa iniziativa.

“Per almeno due ragioni. La prima è legata al desiderio dei ragazzi che frequentano o hanno frequentato il catechismo. Il quartiere non offre luoghi di aggregazione, non c’è neanche uno spiazzo per giocare a pallone. Hanno manifestato l’idea di ‘fare qualcosa per Natale’ ed è nata questa iniziativa che li vede assoluti protagonisti insieme agli adulti”.

E la seconda?

“Perché mi è parso un modo adatto a loro per vivere il Natale andando oltre i luoghi comuni dei riti religiosi e quelli pagani dei pranzi in famiglia e dei regali sotto l’albero”.

Ma il presepe vivente non è poi una così grande novità. Ce ne sono un po’ dappertutto.

“Vero, ma questo vive perché gli hanno dato vita loro. È vivente perché sono loro gli esseri viventi. È la stessa differenza tra chi va a vedere uno spettacolo e chi lo rappresenta sulla scena. Non c’è paragone. Anche se - devo precisare- i visitatori sono parte integrante della rappresentazione. Basta vedere lo scambio di sguardi tra genitori e figli quando si incontrano in una delle sale”.

Ma anche questa rappresentazione stasera finisce. E poi?

“Intanto abbiamo deciso di replicare tutti i pomeriggi fino al 30. Qualcuno voleva proseguire anche oltre, ma come primo anno può bastare. E poi il valore sta molto in ciò che è nato, nella qualità dei rapporti nati in questi mesi di preparazione. I genitori sono rimasti fino oltre mezzanotte per arredare gli ambienti. Hanno recuperato i materiali necessari nei posti più disparati. Hanno spiegato e fatto vedere ai figli oggetti e processi che forse avevano visto solo in televisione. Tutto ciò ha un grande valore educativo. Di questo abbiamo tutti bisogno”.

Ma non abbiamo per nulla parlato del valore spirituale e religioso del Natale. Perché?

“Perché il Natale è la manifestazione della divinità attraverso l’umano. I pastori duemila anni fa hanno visto due genitori ed un bimbo appena nato. Non hanno assistito a spettacoli straordinari, non hanno visto miracoli, non hanno ascoltato discorsi o spiegazioni. La divinità si è presentata per la prima volta agli uomini attraverso la loro umanità. Ed è questo il grande merito del primo presepe vivente quello di Greccio. San Francesco immaginò per primo un presepe che avesse una vita; poi dopo gli uomini lo hanno trasformato in statuine e capannine. Stare dentro il presepe non è lo stesso che guardarlo da fuori. E questo è soprattutto vero per i bambini”.

Perché?

“Perché mi hanno già detto che vogliono continuare, ma non solo in parrocchia ma per le strade del quartiere. Significa che vogliono essere protagonisti nei loghi in cui vivono e abitano e questo – torno all’esempio di Greccio – significa che la rappresentazione della natività non è uno spettacolo ad inviti, ma una vita che si svolge e si innesta nella vita di tutti i giorni”.

E dopo Natale poi che succede?

“C’è la vita di tutti i giorni in cui cercheremo di non dimenticare il significato di ciò che abbiamo fatto per tradurlo in altre occasioni”.

Quali?

“Per esempio a Pasqua abbiamo già fatto una rappresentazione della passione. Ma i bambini (e i genitori) hanno già chiesto di fare di più. Vedremo”.

Ma non è che così si finisce col trasformare la religione oltre che in riti in rappresentazioni?

“Il rischio dell’equivoco della comunicazione c’è sempre, anche nelle omelie domenicali. Meno male che dopo c’è la Consacrazione è lì ogni equivoco viene dissipato. Va però aggiunto che se è vero che l’esperienza cristiana è una vita rinnovata dalle fede va comunicata nella vita. Tutto il resto: discorsi, spiegazioni, precisazioni, rappresentazioni, film, musica e quant’altro serve per spiegare la vita. Altrimenti non lascia traccia, proprio nella vita”.

 

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