L’Inferno di Dante commentato da Franco Nembrini e illustrato da Gabriele Dell’Otto con una interessante prefazione di Alessandro D’Avenia edito dalla Mondadori è un libro da non perdere per chi ama la Divina Commedia e per chi vuole avvicinarsi a questo testo senza perdersi nel linguaggio da esperti delle edizioni critiche. È un libro che può fare compagnia, da mettere sul comodino o che può fare da comodino, viste le dimensioni, come è stato detto scherzosamente durante la presentazione al Lucca Comics & Games 2018.
Nembrini fa precedere i canti dell’Inferno dal commento alla Vita Nova convinto che non ci si può accostare alla Commedia senza prima leggere questo libretto in cui Dante narra in prosa e in versi l’amore per Beatrice attraverso la memoria del primo incontro, di momenti significativi, del dolore e del disorientamento per la sua morte fino a giungere al proponimento, con cui si conclude il racconto, di dire della donna amata quello che non fu detto di nessun’altra donna.
Prima di farlo Dante ha avuto bisogno di tempo, ha compiuto un percorso che gli ha fatto comprendere più a fondo quello che aveva intuito nell’incontrare Beatrice, che amare lei significava amare Dio perché il Mistero per lui è diventato Presenza attraverso di lei e tutta la vita sarebbe trascorsa nel suo ricordo. La Vita Nova infatti è il libro che Dante scrive per richiamare alla memoria momenti decisivi di questa storia perché possano rimanere per sempre, perché si possano ripetere. Con Beatrice è una vita nuova che ha inizio, in questo amore tutto è compreso e ricompreso e il cammino iniziato con lei e grazie a lei non si conclude nemmeno con la sua morte.
Ma perché leggere la Divina Commedia che di questo percorso è il racconto poetico? Perché Dante può interessare ancora oggi alle giovani generazioni che lo incontrano sui banchi di scuola? Forse perché ha qualcosa da dire proprio a me, ci dice Nembrini, forse perché ci sentiamo aiutati nel trovare risposte alle domande che ci portiamo dentro, insomma avventurandoci nella lettura della sua poesia ci accorgiamo che Dante parla al nostro cuore, alla nostra intelligenza, risveglia il nostro desiderio indirizzandolo verso l’infinito per il quale siamo fatti secondo quella dinamica naturale per cui siamo attratti dalle cose che in sé sono tutte buone, se si vivono come segno che rimanda a un assoluto di cui sentiamo tutta la nostalgia, come Montale dice nei suoi versi:《 sotto l’azzurro fitto / del cielo qualche uccello di mare se ne va; / né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto : / “più in là” 》.
Che per Dante il desiderio sia una cosa seria è evidente nella scelta fatta di chiudere le tre cantiche con la parola stelle quasi a ricordarci che dobbiamo vivere all’altezza del nostro desiderio più profondo che come la parola ci indica ha a che fare proprio con le stelle, Dante aiuta ad alzare lo sguardo ripiegato su sé stesso e lo indirizza in alto convinto che solo questo restituisca piena dignità all’uomo che ha smarrito la coscienza dell’essere fatto a immagine e somiglianza di Dio.
Ma, come sottolinea Nembrini, “l’uomo è un essere capace del rapporto con Dio e se si toglie questa relazione rimane solo un pugno di polvere nato per caso e determinato da leggi naturali”. Se si riduce la portata del desiderio accontentandosi di meno dell’infinito l'uomo tradisce sé stesso e in fondo per Dante l’unico vero peccato è proprio il tradimento del desiderio che impedisce all’uomo la felicità e quella pace di cui parla Alessandro D’Avenia nella sua prefazione, una pace che ci può essere solo se l’uomo non è più disintegrato dentro. Dante ci indica che la vera pace è il frutto di una unità della persona che si ricongiunge con la sua origine perché la nostalgia di Dio non può essere strappata dal cuore, la possiamo proiettare su altro, ma rimane perché qualsiasi altro bene per quanto grande non mantiene la sua promessa di felicità.
La ricerca dell’unità interiore e con Dio è di tutti e deve essere il compito principale dell’uomo, sotteso a tutte le occupazioni delle nostre giornate, a tutte le cose che ci stanno a cuore, a tutte le nostre passioni, a tutti i nostri affetti, anzi tutto questo, l’attenzione alla realtà a 360 gradi, è l’unica strada che può condurre alla felicità. Dante infatti, si legge nella prefazione “non cerca la pace nell’eliminazione del desiderio come in alcune culture….. ma riconosce in esso il motore di ogni azione umana”, in un certo senso Dante rilancia il desiderio e ci fa vedere che ha a che fare con la felicità e tutto questo alla condizione di amare appassionatamente il mondo.
“Come ogni uomo appassionato, - ci dice D’Avenia - Dante non si fa bastare nulla di ciò che ama e questa sua costante ricerca genera una scrittura che è sempre aperta all’oltre”, Dante ci ricorda che la vita deve essere piena e tutto è degno di attenzione e questa pienezza di vita può essere di tutti a partire anche e soprattutto dal riconoscimento della propria fragilità se no perché il racconto della Divina Commedia avrebbe inizio con lo smarrimento nella selva?
Nembrini commentando i canti dell’Inferno ci fa da guida in un percorso di immedesimazione con Dante che è quello che avrebbe voluto proprio il nostro autore e il nostro cammino è reso più facile dalle tavole illustrative di Gabriele Dell’Otto. Chi ama i fumetti non può non conoscere questo disegnatore che collabora con grandi case editoriali come la Marvel e ha a che fare con i supereroi. L’amicizia nata con Nembrini lo ha portato all'incontro decisivo con Dante, l’eroe di una narrazione che ha la pretesa di condurre il lettore a mettersi in cammino sulle sue orme nella profondità di se stesso ed ecco che le illustrazioni di Dell’Otto aiutano perché la sua intenzione esplicita è quella di farci vedere quello che il pellegrino Dante vede nel suo viaggio, cosa inedita perché tutti conosciamo tavole illustrative della Divina Commedia che raffigurano ciò che il poeta ascolta nel suo cammino dai suoi interlocutori.
Questo libro non è solo un commento illustrato dell’Inferno ma è un grande progetto nato perché ancora oggi Dante riesce ad attrarre l’attenzione: è questo che qualsiasi insegnante può riscontrare, Dante piace molto anche ai ragazzi. Se non fosse così Nembrini forse non si sarebbe avventurato in questa impresa che è stata realizzata anche grazie alla collaborazione dei suoi ex studenti che negli anni passati avevano messo su l’associazione Centocanti portando la lettura di Dante a tanti studenti nelle scuole. Questa storia di collaborazione fra insegnanti come Nembrini e D’Avenia e giovani appassionati della Commedia sicuramente contribuisce a rafforzare la convinzione che la lettura di questa opera è un laboratorio di vita.