L’Arcivescovo Corrado Lorefice ha consegnato la costituzione del nuovo Statuto e della Carta pastorale della Caritas diocesana

 

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L’Arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice ha consegnato simbolicamente e comunicato

a tutti in occasione della Messa Crismale di giovedì 18 aprile 2019 la costituzione del nuovo Statuto e della Carta pastorale della Caritas diocesana. Si tratta di un aggiornamento di quanto già esisteva che è stato adeguato alle nuove esigenze cui la Caritas deve adempiere, per essere sempre più in grado di svolgere pienamente il suo compito. 

L’Arcivescovo ha definito preliminarmente cosa sia la Caritas e qual è il suo compito. Ha detto così nel corso dell’omelia: “Caritas non vuol dire ‘un settore dell’attività pastorale dedicato alla cura di coloro che sono nel disagio’. La Caritas è un segno, un fermento evangelico, che ci riguarda tutti: il segno di una Chiesa interpellata dal suo Signore, chiamata ad annunziarlo sulla via di Cristo, «tra povertà e persecuzioni», e che sceglie di farsi ricordare ogni giorno il senso stesso del suo essere”. 

Questo concetto si ritrova compiutamente espresso nel testo della Carta ove si parla all’art. 1 di una Chiesa « “santa”, al passo del suo Signore e Maestro: una Chiesa-ponte, senza barriere, dei poveri e per i poveri; una Chiesa “sentinella” che, nei crocevia della storia, annuncia il regno di Dio, invocandolo insieme ai poveri che raggiungono le nostre terre e ai nostri giovani spesso costretti a lasciarle per trovare lavoro e casa; una Chiesa che si impegna ogni giorno a rinnovarsi per assumere la “forma Christi”, così da offrire a tutti il Vangelo». Lorefice ha invitato tutti a farne oggetto di studio, perché “dalla mente passi al cuore e alle braccia e attraverso queste si servano i poveri in maniera efficace”.

Abbiamo chiesto maggiori informazioni a fra Pino Noto, pro direttore della Caritas palermitana.

Fra Pino, partiamo dalla copertina. Avremmo immaginato ci fossero foto di migranti, diseredati, periferie urbane ed invece c’è una immagine stilizzata di Cristo. Ce la spiega?

L’autore, fra Massimo Corallo, ofm, ha voluto esprimere, nella contrapposizione tra il velluto rosso al centro delle scale e la ruvidezza di quelle che stanno ai lati, come Gesù Cristo, la cui immagine è composta da migliaia di frammenti, significante la Chiesa, abbia per primo compiuto la scelta di percorrere – nella Carità – le ruvide strade degli ultimi, e pertanto le scelte che noi compiamo derivano dalla decisione di seguire Lui, non appena dalle nostre buone intenzioni.

Fra Pino perché pro direttore? Chi è il presidente secondo lo Statuto?

Don Corrado, nel dicembre del 2017, fece la scelta di nominare una Giunta direttiva, secondo l’art. 9 del vecchio Statuto, composta da 5 persone: un sacerdote, un religioso, un diacono permanente, un laico consacrato e un laico sposato, chiedendoci di lavorare, in comunione con il Vescovo. in un clima e atteggiamento sinodale. Tra i cinque della Giunta mi chiamò ad essere il pro-direttore. Questa scelta anticipava quello che oggi è definito nel nuovo Statuto e Carta Pastorale, perché la Caritas, come ogni servizio pastorale, necessita di collegialità decisionale e di organismi deliberativi utili per conseguire i fini, così come è stabilito nel nuovo Statuto. Non a caso il Presidente è l’Arcivescovo che si avvale poi del Consiglio diocesano, del Direttore e del Direttivo, come indicato nell’art. 3.

Ma se la Caritas non è, come ha detto l’Arcivescovo ‘un settore dell’attività pastorale dedicato alla cura di coloro che sono nel disagio’, che cos’è?

È detto tutto con chiarezza nell’articolo 2, che merita una attenta lettura. Lo si può leggere nel nostro sito: http://www.caritaspalermo.it/wp-content/uploads/2019/04/CARITAS_statuto_15-04-2019-1.pdf. Ma in sintesi si può dire che deve aiutare il popolo di Dio a vivere bene la dimensione teologica e non sociologica della carità. E questo deve essere fatto, non con spirito manageriale, ma nel servizio innanzitutto alla comunità ecclesiale e poi a coloro che ad essa si rivolgono, secondo due direttici principali.

Quali?

Innanzitutto quello dell’attenzione alla persona nella sua globalità. Mi riferisco cioè alle povertà interiori, alle solitudini, alle periferie dell’anima. 

E poi la sfida e la contestuale presa in carico congiunta e risolutiva dei problemi materiali, soprattutto quelli che nascono dalle difficoltà del vivere quotidiano: mancanza di cibo, di tetto, di assistenza sanitaria, di lavoro, ecc.

E allora parliamo di cosa fa la Caritas in concreto. E innanzitutto che differenza c’è tra Caritas diocesana e Caritas parrocchiale? 

La Caritas per quello che ho detto finora è un’unica realtà, che però deve sapersi integrare e servire nel territorio, altrimenti sarebbe una struttura elefantiaca e burocratica. Svolge un’azione di formazione dei volontari impegnati nel servizio di carità, affinché in ciascuna parrocchia nasca un Centro di Ascolto, luogo privilegiato per incontrare la persona e il bisogno che esprime e creare relazioni educative capaci di attivare processi di cambiamento. La Caritas nella Diocesi di Palermo è ben distribuita perché a fronte di 178 parrocchie esistono 121 Caritas parrocchiali e 82 Centri di Ascolto che hanno sostenuto e incontrato l’anno scorso 8.366 famiglie. I Centri di Ascolto diocesani sono 4 e hanno una precisa specificità: Centro Ascolto Diocesano, Penitenziario, Gravi marginalità, Ascolto Immigrati. Questi centri svolgono un’azione sussidiaria nei confronti di quelli parrocchiali e, nelle situazioni particolarmente complesse, collaborano con loro nell’orientamento e accompagnamento delle persone prese in carico.

A proposito di immigrati, dopo il grande impegno degli anni scorsi, qual è oggi la situazione dal vostro punto di vista

Innanzitutto ci avvaliamo della collaborazione di associazioni specializzate sul territorio, che si occupano degli aspetti ora legati alla condizione giuridica, ora sanitaria e così via. Poi siamo sostenuti dall’Ufficio Migrantes diocesano, dalle suore Minime Francescane, dalle suore Missionarie Comboniane, dalle suore di Carità – Capitanio Gerosa, dal coordinamento antitratta Favour and Loveth. Nell’anno scorso abbiamo ascoltato 410 persone, 244 mediante una specifica progettualità dell’8xmille, ne abbiamo accolte e accompagnate in vari centri 30, abbiamo incontrato 130 donne e minori vittime della tratta e abbiamo avuto rapporti con 200 persone per la presa in carico giuridica. In sintesi siamo pronti all’accoglienza, ma siamo interessati soprattutto all’integrazione e all’inserimento sociale. Quest’ultimo aspetto è perseguito anche attraverso un’attenzione all’orientamento e all’inserimento lavorativo. Aspetto che stiamo curando nei vari ambiti di impegno, dunque, immigrazione, carcere, salute mentale, vittime di tratta e sfruttamento ecc, attraverso tirocini formativi che i nostri fratelli svolgono presso cooperative, ditte ed associazioni per apprendere un mestiere, sostenuti allo stesso tempo da un compenso economico.

Vi interessate anche della situazione carceraria?

Si, abbiamo dei punti di Ascolto e importanti collaborazioni con gli Istituti di “Pagliarelli”, “Cavallacci” di Termini Imerese e l’IPM “Malaspina”. Poi intratteniamo rapporti istituzionali con l’Ufficio Interdistrettuale Esecuzione Penale Esterna e l’Ufficio Servizio Sociale Minori di Palermo. Grazie a questo impegno l’anno scorso abbiamo preso in carico la situazione di 300 tra detenuti e persone in misura alternativa alla detenzione, sostenuto 200 nuclei familiari, aiutato 10 detenuti in accoglienza residenziale per lo svolgimento dei permessi premio, e non ultimo, attivata la convezione con il Tribunale per l’applicazione del sempre più diffuso istituto della Messa alla Prova.

Una grossa mano d’aiuto vi giunge dai giovani del servizio civile. È vero?

Con questi giovani, che sono sempre molto motivati, si apre un rapporto che spesso continua anche dopo. Ne abbiamo coinvolto 30 per 30 ore settimanali, cui vanno aggiunte 42 ore di formazione generale e 72 di formazione specifica. È un investimento che facciamo di buon grado perché il ritorno di esperienza è per tutti, per loro e per noi.

Ci racconti adesso come funziona il servizio di accoglienza. 

Nell’anno scorso abbiamo incontrato attraverso il Centro ascolto 467 persone, 302 erano senza fissa dimora e 53 hanno fatto richiesta di residenza virtuale. Noi possiamo garantire 110 pasti al giorno per 365 giorni l’anno. L’anno scorso ne abbiamo garantito più di 40.000. Nella Locanda del Samaritano abbiamo 20 posti letto disponibili, abbiamo accolto 81 persone e abbiamo fornito 7.300 cene e colazioni. Va chiarito che non offriamo mai soluzioni definitive, ma sempre temporanee in attesa che la persona trovi una adeguata sistemazione. Il caso che cito sempre è quello dei padri separati che sempre più spesso si rivolgono a noi perché improvvisamente si trovano senza un alloggio dopo la separazione coniugale, dovendo dare all’ex moglie e ai figli quella casa nella quale fino a quel momento avevano vissuto.

Avete un altro fronte aperto: quello della salute mentale. Come va?

L’impegno nel settore della salute mentale è nuovo e sempre più esigente frontiera con cui fare i conti. Siamo coinvolti con 46 pazienti, grazie alla disponibilità di 60 operatori volontari e 20 operatori del dipartimento di salute mentale.

Abbiamo scordato qualcosa?

Si, il tema della tratta. Esso è stato portato all’attenzione generale con la Via Crucis al Colosseo di quest’anno, grazie alle meditazioni di suor Eugenia Bonetti, la missionaria della Consolata e presidente dell’Associazione “Slaves no more”, a cui il Papa ha affidato i testi e i commenti. La suora, missionaria, che é da anni in prima fila contro la tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale, ha voluto ricordare "quanti agonizzano oggi nei troppi calvari sparsi per il mondo, tra cui i campi di raccolta simili a lager nei Paesi di transito, le navi a cui viene rifiutato un porto sicuro, le lunghe trattative burocratiche per la destinazione finale, i centri di permanenza, gli hot spot, i campi per lavoratori stagionali". Anche la Caritas diocesana è impegnata su questo fronte con iniziative specifiche di accoglienza, non solo presso il Centro Agape, ma anche in rete collaborativa con altre realtà di accoglienza, con attività di formazione nelle scuole e con la partecipazione alla iniziativa che si svolge ogni anno a febbraio in cattedrale per ricordare le vittime di questo grave delitto contro l’umanità.

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