Conversazione sulla scuola/2

 

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Maria, il quaderno e la felicità.

Che sfida parlare di scuola senza prestare servizio al chiasso di lamentele e sfoghi che assediano quasi sempre ogni tentativo serio di confronto su un tema così decisivo e interessante! Insegno Lingua Straniera da 13 anni, trascorsi tra licei, istituti professionali e all’interno di un istituto penitenziario. Di chiasso ne ho sentito tanto in sala professori, alla televisione (dove diventano tutti ‘esperti’!), fino al punto di arrendermi ad un’evidenza: l’origine del chiasso è sempre un ultimo scetticismo nei confronti della sfida educativa e del lavoro di insegnante. Detto in soldoni: ma chi ci crede più! Uno scetticismo che decide spesso dello sguardo con cui si entra a scuola al mattino, si salutano i colleghi (o non si salutano), si incontrano gli alunni, ecc.

In un clima del genere, sulle cui cause ci sarebbe molto da dire, la lettera di S.E. Mons. Pennisi rischia di sembrare irrealistica, quasi recare una voce da un mondo lontano, perduto. Il ritorno di don Camillo! Invece Pennisi osa attraversare tutta la realtà, quella vera, fatta di carne e di sangue, di paure e di domande, di noia e di desiderio, di cui sono fatti i giovani e che lui intercetta così lucidamente e semplicemente. Tutto, il trucco, i pantaloni strappati, il cappello in classe, il rifugio in un ‘whatsapp’ da cui ci si aspetta che accada finalmente qualcosa… tutto attesta una urgenza: essere felici!

Maria ride, cede allo scherzo continuo del compagno e io le dico “Maria, stai attenta alla lezione! Altrimenti è tempo perso… Cosa ti aspetti dalla giornata di oggi?” e Maria si fa seria: “Ma cosa mi posso aspettare, io, prof?”. Tecniche didattiche, metodologie, strategie attorno a cui costruiamo corsi di aggiornamento – che pur seguiamo disillusi, ma col desiderio inestinguibile di trovare un punto da cui ricominciare – possono essere uno strumento per evadere questa urgenza che ti inchioda, due occhi grandi e l’apparecchio per i denti: “che cosa posso aspettarmi io?”. Tutto lo scetticismo del mondo non riuscirà a spegnere questa urgenza ed è per questo che Pennisi propone lo sguardo più realistico di tutti, la Speranza.

L’unico sguardo che sfida il quotidiano come l’occasione di un’avventura di conoscenza, di crescita, di acquisizione di competenze, di fatica per un progetto di vita. Pennisi parla dal di dentro della certezza rinnovata da quello che lui stesso ha visto e gustato a Rio de Janeiro, dove il Papa il 28 luglio scorso ha detto ai volontari della GMG: “Nella cultura del provvisorio, del relativo, molti predicano che l’importante è “godere” il momento […]. Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare contro corrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente. Io ho fiducia in voi giovani e prego per voi. Abbiate il coraggio di “andare contro corrente”. E abbiate anche il coraggio di essere felici!”. E ancora ai ragazzi di Cagliari, il 22 settembre: “Voi giovani non potete e non dovete essere senza speranza, la speranza fa parte del vostro essere. Un giovane senza speranza non è giovane, è invecchiato troppo presto! […] E quando un giovane non ha gioia, quando un giovane sente la sfiducia della vita, quando un giovane perde la speranza, dove va a trovare un po’ di tranquillità, un po’ di pace? Senza fiducia, senza speranza, senza gioia? Voi sapete, questi mercanti di morte, quelli che vendono morte ti offrono una strada per quando voi siete tristi, senza speranza, senza fiducia, senza coraggio! Per favore, non vendere la tua gioventù a questi che vendono morte! Voi mi capite di che cosa sto parlando! Tutti voi lo capite: non ti vendere!”.

Preparare la mia lezione di Francese nella certezza che per i miei figli, per i miei alunni, attraverso la preziosa fatica quotidiana, c’è in gioco la condivisione della scoperta che la realtà è interessante ed io posso persino “arrivare a godermi lo studio, che cosa incredibile!”, è un’altra cosa! Ma chi – ditemi chi!!! – non desidera essere felice con le cose che gli è dato di maneggiare ogni giorno! Libri, quaderni, gesso (che manca!), circolari, confusione, caldo, chiasso, scale, ascolti, video, francese (che musica!). E si riparte! Si riparte, misteriosamente. Finché poi arrivi che sei stremato, ti danno una supplenza e ti verrebbe da urlare perché non hai proprio la forza di ‘tenerli’, come si dice… e alla fine della lezione uno di quelli che fa lo sbruffone ti viene a dire che sua sorella non c’è più e chiede il permesso per “andare a piangere in bagno”. Ed eccoti di nuovo la statura, l’orizzonte vero del campo di battaglia: che siamo noi? Chi sono io? Dove va tutta la mia vita?

Che gratitudine si deve a questo sguardo così paterno che sembra quello del Padre Eterno che dice “guarda che tu vali!”. Tu, Maria, puoi aspettarti di essere felice! Prendi il quaderno!

 

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