Accadde in Sicilia nel 1943. 24 giugno: il siciliano Gentile in guerra

 

 

 

ingrassia-accadde-in-sicilia(24 giugno 2013) – Avrebbe potuto benissimo restarne fuori e non rimanere intrappolato nel girone infernale della guerra civile che dall'estate del 1943 avrebbe sconvolto il paesaggio morale e civile italiano; del resto, pur essendo stato ministro di Mussolini nel 1923-24 e autore del "Manifesto degli intellettuali fascisti agli intellettuali di tutte le nazioni", era stato successivamente avversato ed emarginato. E invece il filosofo siciliano Giovanni Gentile preferì impegnarsi e agire ancora una volta a fianco di Mussolini. Le ragioni le spiegherà egli stesso scrivendo: «aspettare tappato in casa che maturino gli eventi è il solo modo per comprometterli gravemente. Bisogna marciare come vuole la coscienza. L'ho predicato per tutta la vita. Non posso smentirmi ora che sto per finire». Così Gentile sorseggiò fino in fondo la sua cicuta, fino a morirne il 15 aprile 1944 vittima di un'azione partigiana.

Era tornato a far sentire la sua voce dopo lungo tempo, in un discorso pronunciato a Roma, in Campidoglio, il 24 giugno 1943 e significativamente intitolato "Discorso agli italiani". In esso Gentile gettava le basi della sua interpretazione storica e politica degli avvenimenti che stavano maturando in quel particolare frangente; la sua interpretazione ruotava attorno ad una idea impossibile, improponibile, che pure trovò sostenitori dentro e fuori il fascismo: l'idea della pacificazione nazionale. Lo scopo era quello di non distruggere il tessuto morale del paese e di contenere la guerra civile. Ha scritto Luciano Canfora che il siciliano Gentile fu travolto dalla guerra non perché simbolo della cultura fascista e nemmeno per la sua adesione alla Repubblica di Mussolini, ma perché sarebbe potuto diventare il più autorevole sostenitore del "partito della conciliazione". Questa sua particolare posizione culturale aperta a tutti gli italiani suscitò l'odio degli intransigenti fascisti e antifascisti, lasciando a guerra finita un nodo storico e politico ancora integro e difficile da sbrogliare.

Tuttavia, di quel discorso, ciò che in questa sede merita di essere ricordato è la sua invocazione «sulla bella Palermo, perla del Mediterraneo, cuore generoso della eroica Sicilia» vittima della «furia devastatrice»; e l'evocazione di Giuseppe Pitrè, il «siciliano più amante della Sicilia che ci sia mai stato», che se avesse ripercorso quelle strade che aveva raccontato nelle sue architetture e nelle abitudini e consuetudini del suo popolo, ora ridotte in maceria, «ne sarebbe stato schiantato!».

Forse, ricordando la guerra in Sicilia, Gentile intendeva pure ricordare come, nel 1917, in un altro momento grave per l'Italia, il paese aveva saputo cingersi attorno alle vittime di Caporetto e reagire insieme al Re andato allora nelle trincee a spronare, incoraggiare, aiutare; quello stesso Vittorio Emanuele III che nel 1943, di fronte alla Sicilia che subiva le bombe, rimase silenzioso e inerte. Accadde anche questo!

 

 

 

 

(Foto - Libera Università "Tito Marrone" di Trapani)

 

 

 

 

 

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