Accadde in Sicilia nel 1943. 16 agosto: l’occupazione dell’Isola e la sconfitta degli Alleati

 

 

ingrassia-accadde-in-sicilia(19 agosto 2013) – Una grande controversia ha diviso gli storici sullo svolgimento militare e l’esito finale dello sbarco alleato in Sicilia: contraddistinto da un clamoroso disimpegno italo-tedesco provocato da un presunto complotto politico, secondo alcuni, caratterizzato dall’inarrestabile avanzata delle invincibili armate angloamericane, secondo altri. Decisa da Churchill e Roosevelt a Casablanca, durante il convegno alleato che si svolse tra il 14 e il 24 gennaio 1943, l’operazione Husky, nome in codice dello sbarco in Sicilia, si proponeva l’obiettivo politico di abbattere il fascismo ed eliminare l’Italia dalla scena del conflitto occupandola e costringendola simultaneamente alla resa. L’attacco alla Sicilia, inoltre, avrebbe provocato, secondo gli Alleati, il concentramento nell’isola delle divisioni italiane e tedesche presenti in Italia e spedite in soccorso a quelle già operanti in Sicilia; ciò avrebbe consentito agli angloamericani di raggiungere l’obiettivo militare di accerchiare e immobilizzare in Sicilia il grosso delle forze armate nemiche in maniera da trovarsi la strada spianata nella corsa da sud a nord della penisola per impegnare poi la Germania nel confine italiano mentre iniziava lo sbarco in Normandia.

Guardando ai fatti accaduti, bisogna convenire che nessuno degli obiettivi fu raggiunto dagli Alleati. È vero, infatti, che lo sbarco in Sicilia provocò la caduta del regime fascista, ma non del fascismo che, infatti, sopravvivrà nella Repubblica Sociale Italiana presieduta da Mussolini e sostenuta da Hitler. È altresì vero che l’Italia, con l’armistizio dell’8 settembre, si arrese agli Alleati, ma non tutti gli italiani accettarono la resa e la guerra continuò in tutta la penisola con un Paese letteralmente spaccato tra chi continuava a combattere a fianco dei tedeschi e chi continuava a combattere insieme agli angloamericani. Tutto ciò significa che, nonostante lo sbarco in Sicilia, il fascismo non fu debellato e le truppe tedesche e italiane riuscirono a sfuggire dalla trappola preparata in Sicilia. Il risultato fu che le armate angloamericane, partite dalla Sicilia nell’estate del 1943 e giunte all’ombra delle Alpi nella primavera del 1945, non contribuirono per niente alla sconfitta della Germania perché, come opportunamente osserva lo storico militare inglese Eric Morris, vero è che «le tesi tradizionali affermano che gli alleati tennero impegnate divisioni tedesche che altrimenti sarebbero state impiegate in Francia oppure sul fronte orientale. Ma questo è vero anche per gli alleati. Quindi, tutto sommato, chi fu a impegnare l’altro?».

La battaglia di Sicilia, insomma, segnò per l’Italia l’inizio della fine come potenza militare protagonista del conflitto ma non fu per gli angloamericani quel successo militare che ancora oggi ci si ostina a esaltare perché, come scrive lo storico francese Henry Michel: «in meno di un mese l’isola è conquistata, ma le unità tedesche sfuggono all’accerchiamento».

Il disperato tentativo italo-tedesco di sfuggire all’imbottigliamento spiega per quale motivo, in Sicilia, la resistenza agli angloamericani fu militarmente debole.

I comandi militari italiani e tedeschi avevano ormai capito che l’Isola era perduta. La supremazia alleata in cielo e nei mari rendeva impraticabile ogni azione difensiva sulla terraferma. A quel punto l’unica soluzione possibile, considerata anche l’incertezza della situazione politica italiana, era quella suggerita personalmente da Hitler al generale Frido von Senger und Utterlin, inviato nell’isola per tenere i collegamenti con la 6^ armata italiana: abbandonare la Sicilia e attestarsi in Calabria per contendere ogni passo al nemico.

L’obiettivo dei vertici militari tedeschi e italiani, insomma, era quello di spostare la guerra dalla Sicilia al continente: da qui la ritirata strategica ordinata dal generale Alfredo Guzzoni, comandante della sesta armata italiana, e dal feldmaresciallo Kesserling, comandante in capo delle forze tedesche nell’Italia meridionale, con l’intento di lasciare un pugno di mosche nelle mani degli alleati.

Fu quello che avvenne. Lo ricostruisce con efficace sintesi Arrigo Petacco: «resosi pienamente conto che ormai la battaglia delle spiagge era perduta, il generale Guzzoni, nella notte fra l’11 e il 12 luglio, ordinò a tutte le truppe mobili, comprese quelle stanziate nella Sicilia occidentale, di attestarsi su una linea difensiva che andava da Santo Stefano di Camastra alla piana di Catania passando per Nicosia e Leonforte. Kesserling, giunto a Enna il 12 luglio, approvò l’ordine … Le forze dell’Asse che raggiunsero la piana di Catania … arresteranno l’avanzata alleata fino al 4 agosto … Per alcuni giorni gli Alleati furono così costretti a segnare il passo». Così, quando il 16 agosto 1943 la campagna di Sicilia terminò con la conquista angloamericana di Messina, «prima che le colonne convergenti alleate raggiungessero la città – continua Petacco – l’ultimo mezzo di trasporto tedesco era riuscito ad allontanarsi dalla spiaggia. Un’operazione assai ben studiata aveva permesso al comando germanico l’evacuazione di 39.569 soldati con 9605 veicoli, 47 carri armati, 94 cannoni oltre a 17.000 tonnellate di munizioni. Anche 62.000 italiani riuscirono ad attraversare lo stretto».

Commenta significativamente lo storico militare inglese Liddle Hart: «alla luce del pieno successo che aveva coronato la ritirata tedesca dalla Sicilia, ben povere di contenuto risuonarono le parole con cui quel giorno Alexander informò il primo ministro inglese della conclusione della campagna». Impegnando il nemico in poche, semplici, azioni di ritardo e portando felicemente a termine l’evacuazione della Sicilia, dunque, gli italo-tedeschi impedirono di trasformare la conquista della Sicilia in una schiacciante e totale vittoria angloamericana.

Con la mancata vittoria degli alleati nell’isola, iniziavano in Italia due anni di dura quanto inutile guerra che, scrive Morris, portarono «sofferenze terribili alla popolazione civile. La fame e il bisogno spinse molta gente negli abissi della degradazione umana, e molti vendettero l’anima e il corpo per un po’ di cibo … La corruzione e la criminalità organizzata seguirono le armate alleate nell’avanzata attraverso la penisola».

Aveva ragione Liddle Hart: «A posteriori … la conquista alleata della Sicilia nel 1943 fu da tutti giudicata un’operazione facilissima. In realtà questo primo rientro in Europa fu un balzo azzardato, pieno d’incertezze»; e di terribili, impreviste conseguenze.

 

 

 

(Foto - Libera Università "Tito Marrone" di Trapani)

 

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