Villa del Casale di Piazza Armerina: i mosaici e la concezione romana della vita

 

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Da qualche mese la Villa Romana del Casale di Piazza Armerina è stata restituita al suo antico splendore. È tornata ad essere un luogo bello e gradevole, di alto interesso storico e archeologico che proprio grazie ai restauri ci aiuta capire meglio come vivevano i romani, quale era la qualità della vita che avevano raggiunto e quanto questa esperienza aiuta oggi la nostra comprensione della vita.

La villa romana del Casale riveste una eccezionale importanza per molti motivi, di carattere innanzitutto architettonico e storico.

In età romana la villa era concepita come residenza di campagna destinata al riposo (otium) dall’attività politica e dagli affari, e sorgeva come residenza padronale al centro di un complesso di edifici e di terreni destinati alla produzione agricola. Dotate di ogni comodità, le ville si articolavano intorno ad ampi cortili, con porticati che collegavano i diversi ambienti – stanze di ricevimento e appartamenti privati – ed erano circondate da parchi e giardini molto curati. Potevano avere al loro interno anche dei veri e propri impianti termali.

Queste premesse ci aiutano a comprendere come si svolgeva la vita in quel periodo ed in particolare in una tale struttura. Soprattutto attraverso i mosaici possiamo capire meglio alcuni aspetti del vivere, quotidiano e non, perché essi rimandano in qualche modo ai principi e ai valori su cui si fondava.

Una delle prime scene che si incontrano è il famosissimo mosaico pavimentale del corridoio che rappresenta non tanto la caccia in genere, quanto una grande battuta di cattura di bestie selvatiche destinate ai giochi dell’anfiteatro a Roma. Una scena della vita comune e sociale dell’epoca cui i romani attribuivano grande valore. Con uno sguardo attento è possibile notare l’impegno e la cura che essi mettevano in quelle celebrazioni e il significato che esse rappresentavano per tutti i partecipanti. È facile fare un confronto con esperienze della nostra vita sociale e pubblica di oggi. Quello era il modo in cui vivevano i romani, in una società che non aveva ancora incontrato e assimilato i valori del Cristianesimo.

Il significato di questo grandioso dispiegamento di animali esotici catturati per l’anfiteatro è un’esaltazione della potenza dell’imperatore e del dominio dei Romani sui popoli più lontani. Le bestie selvagge sono, inoltre, frequentemente utilizzate nell’arte tardo-antica come metafora delle passioni umane; un famoso passo dello scrittore cristiano Lattanzio paragona le vittorie di Ercole su bestie e mostri alle vittorie dell’uomo sulle proprie passioni. Similmente nei bestiari medievali si ritroverà una identificazione degli animali con i vizi e le virtù che portano l’uomo alla perdizione o alla salvezza.

Questa rappresentazione iconografica delle passioni umane, seppur distante da quella dei nostri giorni, esprime lo stesso impegno e la stessa passione che caratterizza l’uomo di ogni tempo. Se ne coglie non solo l’impegno artistico espresso dagli autori dei mosaici, ma anche la passione umana che caratterizzava quelle persone, la stessa che contraddistingue l’uomo di ogni epoca e alla quale Cristo ha dato una risposta che prima nessun impegno umano era riuscito a dare.

La corsa di quadrighe nel Circo Massimo che decora una sala delle terme è la più elaborata e complessa rappresentazione di questo soggetto che ci abbia lasciato l’arte antica e ci richiama al tema dello svago e del tempo libero.

Altro tema è quello espresso nella raffigurazione delle fatiche di Ercole che si trovano nell’abside centrale della grande sala tricora che funge da triclinio. In questo caso possiamo vedere anticipati alcuni aspetti della grande opera di assimilazione che il cristianesimo compì nei confronti della cultura e dell’arte romana. Quest’ultima raffigurazione diventerà nell’iconografia cristiana il modello dell’“introduzione dell’anima al Paradiso”.

Il complesso delle figurazioni si riferisce all’apoteosi eroica del semidio, un motivo spesso ripreso nella propaganda imperiale come allusione alla divinizzazione dell'imperatore. Nella cultura romana, infatti, Ercole rappresenta l’uomo che si conquista il cielo, non con la forza ma con la virtù, testimoniando che un mortale poteva guadagnare l’immortalità con le sue imprese. Questa tematica ha accompagnato l’uomo in ogni momento storico, ma oggi emerge forse con più impeto e violenza che in passato. Anche oggi l’uomo tenta di farsi Dio, ma forse con una particolarità che i romani non avevano: la negazione della trascendenza.

Altri temi ricorrenti in tutta la villa sono quelli dionisiaci. È interessante notare che anche questi soggetti bucolici e idilliaci vengono recepiti negli stessi anni dall’arte paleocristiana. Il tema marino si ritrova nelle “Storie di Giona”, che troviamo raffigurate nel mosaico pavimentale della basilica di Aquileia, in cui il racconto biblico è arricchito da identiche figure di amorini pescatori, pesci e animali marini, mentre il mosaico degli amorini vendemmianti nella villa ricorda molto da vicino quello con lo stesso soggetto della volta del corridoio anulare del mausoleo di Costantina a Roma (attuale chiesa di Santa Costanza).

Nei mosaici della villa si esprime una vivacità narrativa e descrittiva tipica della cultura romana. Attraverso quelle raffigurazione è possibile comprendere come si viveva in quel periodo e quali erano le attività prevalenti nelle quali erano occupati i suoi abitanti. È altrettanto importante notare come il cristianesimo seppe legare questo afflato al significato simbolico della resurrezione e della vita eterna. Oggi questo tema continua ad appassionare il modo di vivere della nostra società che forse proprio perché ha voluto mettere da parte il contributo di giudizio della fede, si attorciglia su se stessa nel vano tentativo di trovare risposte esaurienti.

Volendo tentare di dare un giudizio sintetico sulla concezione della vita di quel tempo potremmo dire che il programma decorativo della villa si configura come un panegirico condotto per immagini, in cui attraverso l’uso di allegorie si loda il potere di un sovrano su Roma, l’Italia e il mondo, il suo perfetto dominio sulle passioni oltre che sui nemici che lo assimilava alla virtus di Ercole, sotto il segno della felicitas di Dioniso.

I riferimenti alla situazione odierna sono facili. Cambiano i sovrani, ma rimane la domanda dell’uomo: “Come si fa a vivere”? I romani crearono un sistema economico e politico insuperabile per quei tempi, che solo il cristianesimo riuscì a sconfiggere, ma anche a superare e rivitalizzare. Gustave Bardy nella sua opera La Conversione al cristianesimo nei primi secoli (Jaca Book, Milano 2002) ci ha detto con quali metodi e con quale impegno fu possibile compiere la più importante rivoluzione della storia umana. La domanda rimane aperta ma una visita alla villa ci può aiutare a capire meglio anche il nostro presente.

 


 

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– Sicily Present


 

 

 

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