“Cantu la libbertà ca m’apparteni”: l’ultima raccolta di liriche di Serena Lao presentata a Termini Imerese

 

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(2 maggio 2015) – Presentato a Termini Imerese, il 29 aprile scorso, il nuovo libro di Serena Lao; Cantu la libbertà ca m’apparteni è il titolo dell’ultima fatica editoriale dell’artista palermitana la cui presentazione ha avuto come palcoscenico la Cammara Picta o Sala del Magistrato, elegante salone dei primi del Seicento sito nella storica sede del Comune di Termini Imerese, affrescato dal termitano Vincenzo La Barbera con raffigurazioni relative alla storia della città e restituito alla cittadinanza nel mese di marzo del 2013.

Presenta la serata Rita Elia, Presidente dell’associazione culturale Termini d’Arte, che racconta del suo incontro con Serena Lao e di come i suoi versi risuonino come dei gospel, come dei canti di speranza e di liberazione, da un sigillo di oppressione che imprigiona la propria anima: “Nel cantare c’è la modulazione della voce”, aggiungendo che, citando Sant’Agostino, “chi canta prega due volte”. Rita Elia, prima di dar voce alle poesie, presenta l’autrice, la grande Serena Lao, descrivendone minuziosamente tutto il curriculum artistico, fatto di successi e di grandi collaborazioni: nata fra i vicoli dello storico quartiere di Ballarò ha dedicato un’intera vita allo studio ed alla ricerca filologica delle tradizioni popolari siciliane; scopre all’età di ventisei anni di essere dotata di una voce particolare, un contralto naturale, che la spinge a guardare con attenzione al mondo del canto.

Dall’incontro con Rosa Balistreri nasce la sua formazione più solida che la vedrà protagonista assoluta del panorama artistico siciliano in svariate collaborazioni a carattere nazionale: fra le più significative, ad esempio, nel 1985 rappresenta la Sicilia ad Assisi in occasione dei festeggiamenti per San Francesco e sua è la vibrante e indimenticabile interpretazione del testo, di cui è peraltro autrice, divenuto simbolo dell’edizione del 2014 del Festino di S.Rosalia, letto dalla cantautrice sul palcoscenico naturale ricavato nel tetto della sontuosa Cattedrale di Palermo: ancora oggi chi pensa al Festino non può che associarlo proprio a quella magica interpretazione.

Nata a Ballarò, Serena Lao ama pensare alla sua infanzia e a quando suo nonno la cullava sulla sedia per le strade del quartiere, il cui ricordo è ancora vivo e indelebile e raccontato con passione nelle sue liriche e proprio a Ballarò è dedicata la prima poesia, che di fatto è una canzone, magistralmente recitata da Mimmo Minà, che interpreta con ritmo ed eleganza i versi della poetessa.

Saluta il pubblico il sindaco Salvatore Burrafato che, ringraziando l’associazione Termini d’Arte nella persona del suo presidente Rita Elia, ricorda come sia importante, trascorsi pochi giorni dalla ricorrenza del 25 aprile, simbolo della liberazione, parlare e riflettere di liberazione e di libertà in senso sempre più ampio, soffermandosi sulla particolarità della parola “libbertà” presente nel titolo del libro, con la doppia consonante, che in dialetto siciliano assume un tono rafforzativo e fortemente volitivo, proprio ad evidenziare la necessità e la voglia di conquista della libertà, e di come sia importante parlarne anche mediante la nobile arte della poesia che assume, quando è di alto livello come la poesia di Serena Lao, un altissimo valore sociale, insito in tutti noi e a cui non dobbiamo rinunciare.

Dopo un’appassionata lettura a cura dell’assessore alla Cultura, dott.ssa Donatella Battaglia, segue l’intervento della prof.ssa Francesca Luzzio la quale ricorda l’antica tradizione letteraria della scuola poetica siciliana e di come essa fu protagonista, proprio in lingua siciliana, all’interno della storia e dell’evoluzione della lingua italiana stessa: a conclusione legge la poesia che dà il titolo al libro, “Cantu la libbertà ca m’apparteni”.

Nella sua poetica emergono svariati fattori caratteristici come un sentimento di malinconia che spesso volge anche alla solitudine, ma essa non è una malinconia esistenziale, non è una costante della vita dell’uomo ma è dotata di una forza propulsiva di riscatto, di rinascita, con la forza tipica dell’autrice e dei personaggi da lei descritti. Nei suoi versi largo spazio viene consegnato al paesaggio e al territorio, con i suoi volti umani, le sue costruzioni e i suoi ambienti tipici, talvolta immutati nel tempo, spesso mutati o distrutti.

Ma se uno dei temi delle poesie della Lao è anche l’amore per la propria terra e per la persona vicina, la sua scrittura è anche strumento di denuncia e di lotta, come nella splendida poesia dedicata alla “rivolta del pane”.

Il poeta Saverio La Paglia si sofferma sull’espressività della “nostra lingua”, ossia il siciliano, la cui portata è incalcolabile poiché riesce ad esprimere e ad emanare ogni possibile sensazione umana e questa caratteristica emerge in tutta la sua grandezza proprio nelle poesie di Serena Lao; in queste “pennellate d’autore” Serena canta la sua terra e ne canta lutti e speranze, miserie e nobiltà, una dietro l’altra ogni sfaccettatura alla luce di una sperata “libbertà” di cui nessuno può privarsi.

Dopo altre due coinvolgenti interpretazioni di Mimmo Minà, “Scalò” e “Stanotti mi ‘nsunnai la libbertà”, la prof.ssa Patrizia Graziano, Dirigente scolastico, spiega come mediante lo stile semplice della poesia di Serena Lao si riesca a creare un perfetto affresco della Sicilia; l’autrice, in quanto siciliana d.o.c., riesce a dipingere i toni accesi della nostra terra con un intento anche didattico e moralistico, tipico di chi si è trovato e si trova a contatto con la realtà, una realtà fatta di estremi che non sono altro che le categorie metafisiche e antropologiche della “sicilitudine”, come un viaggio che ritrae tutto l’arco di una vita in un’eterna contraddizione di una Sicilia dalla duplice polarità, Sicilia intesa quindi come metafora del mondo.

A seguire Umberto Balistreri, vicepresidente dell’ I.S.S.P.E., Istituto Siciliano Studi Politici ed Economici, che ha pubblicato il libro, parla della libertà e della “libbertà” del libro presentato, e di come esso sia stato creato da un’autrice veramente libera da ogni influenza sociale e politica e ricca unicamente della propria forza e della propria umiltà, rara virtù che si fonda sulla consapevolezza delle proprio capacità e dei propri limiti, limiti oltre i quali vi è “l’altro” e quindi la “sua” libertà, che non va mai violata.

Dopo i contributi della prof.ssa Maria Patrizia Allotta, di Vito Mauro e della poetessa Maria Cancilla, non può mancare l’autrice, Serena Lao, scrittrice, cantante, autrice, poetessa, che appassionatamente delizia il pubblico con le sue poesie e che lo rapisce e commuove con versi di rara bellezza. “Lu capannuni”, tratta dalla sezione “Brani scelti”, e “A fotografia” e “Luna lunedda”, tratte invece da “Liriche”, sono le opere recitate dalla poetessa palermitana, che ripercorre l’excursus della sua vita, dalla sua infanzia nel ricordo di Ballarò che non c’è più, fino al maturo confronto con una ideale fotografia che come una spietata macchina del tempo permette di tornare indietro e fare un bilancio della nostra esistenza fino ad un soave ed etereo dialogo con la luna sognando “scarpe d’argento per camminare sui viali del firmamento”.

Leggendo il testo non ci si stanca di assaporare queste liriche intrise di canto, di storia e di speranza, frutto di una irrefrenabile e vulcanica vena poetica a 360 gradi che si pone al cospetto del mondo di oggi, ossia di un mondo quasi insensibile alle miserie della società e dell’uomo stesso, con il nobile obiettivo di farci scoprire ciò che, recondito, c’è in fondo alla nostra anima, facendoci sognare e pensare.

 


 

 

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(ph. Carlo Guidotti)


 

 

 

 

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