“Dalla mia vita alla vostra”... nasce un popolo. La mostra su don Giussani a Palermo

 

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(10 maggio 2015) – «Siamo entrati perché la ragazza là fuori ci ha dato un volantino dicendoci che questa mostra è su un uomo che aveva una ragione valida per alzarsi la mattina. A noi interessa questo, perciò vogliamo vedere». Con queste parole si è presentato un gruppetto di ragazzi, ormai quasi a chiusura, ma si potrebbero riportare quelle di molti altri: una folla di volti, storie, età diversi, tutti accomunati da un desiderio di scoprire di più. Di quell'uomo e di sé.

“Dalla mia vita alla vostra” era, del resto, il titolo della mostra: un'esposizione di 14 pannelli fotografici su don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, di cui quest'anno ricorre il decimo anniversario della morte. Aperta dalle 16 alle 23 di sabato scorso a Palermo presso il cinema multisala "Al Politeama", nel cuore della città e ad accesso gratuito, alla mostra si è accompagnata la proiezione del video “Don Giussani: il pensiero, i discorsi, la fede”, per permettere a chi lo volesse di incontrare quell'uomo così affascinante "di persona", con il suo sguardo così penetrante e per questo così noto, con le sue parole così acuminate e così capaci di riverbero.

Un popolo, il soggetto promotore dell'evento: parola cara a don Giussani - che distingueva il popolo dalla massa indistinta perché un popolo è costruito da un ideale comune, mentre la massa è una somma di individui - ma alla quale si sente quasi la necessità di far ricorso per descrivere almeno un po' ciò che ciascuno ha avuto davanti agli occhi. Le guide, quasi una ventina, preparate e appassionate; ma anche tutti gli altri: ragazzi, giovani universitari ed adulti di Comunione e Liberazione che in giro per piazza Politeama e sul marciapiede prospiciente al cinema hanno proposto la visione della mostra ai passanti. Insieme al movimento di Comunione e Liberazione di Palermo, soggetto promotore dell'evento è stato il centro culturale Il Sentiero, ormai da più di trent'anni un luogo in cui la vita si fa passione per la cultura e la passione per la cultura vita.

Questo popolo è stato la possibilità di vedere in atto il contenuto di quei 14 pannelli, in un gioco strano di rimandi dalla vita alla mostra e dalla mostra alla vita. Don Giussani, è stato spiegato ai visitatori, ha avuto una sola preoccupazione: vivere la sua vita fino in fondo. Questa serietà radicale gli ha permesso di scoprire, in quello che lui chiama "il bel giorno", che solo il rapporto con una Persona rende questo possibile: Gesù Cristo non è un'etichetta, il garante di un ordine morale o una consolazione alle infamie della vita, ma la Persona, incontrabile nel suo corpo mortale 2000 anni fa e nel suo corpo mistico che è la Chiesa in ogni momento da allora, che, unica, risponde alle esigenze profonde di ogni uomo. Il compito educativo fondamentale del soggetto cristiano, allora - compito che è quello che don Giussani ha sempre indicato al movimento - consiste nel «mostrare la pertinenza della fede alle esigenze della vita»: «il delitto sta nel concepire, proporre e vivere la fede come una promessa che non viene mantenuta, come una premessa che non c’entra con la vita». E la vita, precisava subito don Giussani, è ora: non ieri, perché non c'è più, non domani, perché non c'è ancora - scacco di tutte le utopie.

Ora deve essere, quindi, la Presenza capace di compierla. Il popolo della mostra era qualcosa da guardare ora, che ha sfidato l'intelligenza e la libertà dei visitatori a paragonarsi con la sfida di una letizia e di un centuplo possibili in questo mondo. E davanti al popolo della mostra si costruiva un altro popolo: tutti coloro che entravano a vedere, nella fuggevolezza delle loro distanze effimere, si svelavano lentamente nella loro identità fondamentale: io in ricerca, uomini e donne con esigenze incredibilmente comuni e condivise.

In realtà c'era un solo popolo alla mostra: chi accoglieva e chi era accolto trovava nell'altro lo stesso cuore. Quest'evento svela qui, forse, il suo ultimo contributo: esiste – è accaduta nella città di Palermo – l'imprevista eppure reale possibilità di costruire la comunione.

 

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