Da Gutenberg a Zuckerberg: Umberto Macchi e lo sharing

 

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(8 novembre 2013) – “#Sharing: conoscere e condividere il sapere nell’era dei social media”: questo il titolo di un incontro organizzato a Mussomeli da Mediolanum Corporate University insieme a Banca Mediolanum e tenuto da Umberto Macchi, che lo ha già proposto anche nel resto d'Italia. Sharing è una parola che l’attualità sta rendendo sempre più familiare, perché indica significati e parametri della condivisione al tempo di internet e dei social network. È ormai prassi diffusa, del resto, quella di condividere con altri i contenuti che formano lo svolgimento quotidiano delle nostre vite attraverso immagini e parole pubblicate nella mutevole cerchia dei rapporti intrattenuti sui più noti social media quali Facebook, Twitter, Google+.

«L’uomo vuole condividere»: intorno a questo giudizio Macchi ha posto e dettagliato una serie di esempi per spiegare quella che va colta come un’evoluzione inarrestabile. Si tratta, appunto, di un processo planetario e onnicomprensivo che si estende a ogni genere di argomenti. Non ci sono limiti insuperabili in ordine alla possibilità di partecipare ad altri i propri pensieri e fatti privati e pubblici, superficiali e impegnativi. Tutto è situato nello spazio aperto e dinamico consentito dai social media; niente resta fuori in un orizzonte globale dove trovano la propria collocazione la cultura e il business, il benessere e l’etica. E occorre puntualizzare, in questo senso, che le “e” sono a tutti gli effetti congiunzioni che esplicitano opportunità positive e non appena (o non soltanto) criticità relazionali da temere e di cui diffidare.

Da Gutenberg a Zuckerberg. Sì, perché si può notare una continuità senza soste che trova nell’inventore della scrittura a caratteri mobili il punto di avvio nella divulgazione della conoscenza in forma di stampa su fogli di carta e nell’ideatore di Facebook la via che ha aperto nuove dimensioni e modalità all’ampliamento del sapere in versione digitale. Lungo questa linea del tempo ci sono Antonio Meucci, Guglielmo Marconi e coloro che in vario modo hanno contribuito alla diffusione della conoscenza investendo l’ingegno intellettuale e le energie materiali che ne hanno incrementato l’orizzonte scientifico e tecnologico, economico e finanziario.

Questo è lo scenario contemporaneo: conoscenza e forme del sapere hanno adesso molteplici piani di approdo verso la realtà della vita. Si tratta di una crescita inimmaginabile fino a non molti anni fa, che fa leva sull’incremento senza soste degli iscritti ai social media e sul calo generalizzato dell’incidenza esercitata dai tradizionali mezzi di comunicazione di massa. I dati confermano questo complessivo trend e le trasformazioni sostanziali delle modalità partecipative e relazionali. Ed è facile prevedere che ciò determinerà anche cambiamenti nel palcoscenico geopolitico internazionale, dal momento che dalla conoscenza nascono l’idea e le dinamiche della libertà, come i tentativi di frenarne lo spirito tra persone e popoli. Macchi ha ricordato, tra l’altro, che Facebook è oggi la terza “nazione” al mondo per numero di iscritti e che gli italiani, come è stato posto in risalto da un recente confronto effettuato su scala percentuale, utilizzano più degli americani il social network con sede a Palo Alto. Questi dati sono interessanti e meritano approfondimenti ulteriori, perché hanno a che fare con la quotidiana esperienza della vita e indicano le caratteristiche presenti e future dell’interazione tra le persone nel mondo di oggi e di domani.

Certo, in uno sviluppo così pervasivo e rapido non sono assenti i chiaroscuri. Si pensi al rilievo quotidiano che hanno la sicurezza, il rispetto e la tutela della privacy e come spesso sia labile il confine rispetto alle informazioni pubbliche riguardanti l’identità e il vissuto di ciascuno. Anche di questo si è detto in una serata siciliana di settembre dedicata allo sharing e introdotta da Sonja Barba. Ma un aspetto del tema appare indiscutibile oltre ogni equivocità: i social media sono acceleratori di progresso. La persona, infatti, resterà sempre il centro di relazioni attraverso cui la vita cresce e la storia continua.

 

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