«Warum Warum» di Brook al Biondo

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(21 gennaio 2013) – Tra il 16 e il 20 gennaio al Teatro Biondo di Palermo è andata in scena l’opera Warum Warum di Peter Brook e Marie Héléne Estienne, nella sua versione ridotta.

Il sipario non si è aperto all’inizio dello spettacolo e non è stato calato alla fine; l’attrice non è entrata dalle quinte, ma dal fondo della platea in una sala semi-accesa; con lei in una scena semi-vuota è salito un musicista, tra le mani l’hang, un poco noto strumento creato 10 anni fa in Svizzera. Ho citato tre segni, neanche troppo stranianti se paragonati alla tradizione teatrale novecentesca, posti davanti gli occhi dello spettatore sin dall’inizio delle scene a significare una rotta seguita ostinatamente dallo spettacolo: non mostrare una storia, ma seguire dei warum (dei perché, in tedesco).

In tedesco recita l’attrice e i sopratitoli proiettati sullo sfondo nero soccorrono gli spettatori palermitani. Sulla scena c’è un parallelepipedo nero che servirà da sedia a Francesco Agnello e al suo hang, la struttura di una cornice in legno poggiata su quattro rotelle e lo scheletro di una sedia, anch’essa con quattro rotelle. Tutto il resto è empty space, volendo citare il titolo di un noto volume del regista londinese.

L’esile e salda Miriam Goldschmidt è interprete di un monologo che s’interroga sull’esistere del teatro e quindi dell’uomo: “Chi sono? Chi ero? Perché vivo?”; “Dove abita l’IO?”; “Come e perché rendere visibile anche ciò che è invisibile?”. Si interroga anche sullo specifico del teatro, sul ruolo dell’attore, del regista, dell’autore. Qui va citata la scena in cui l’attrice interpreta il ruolo dell’attore che vede sulla soglia della scena (la cornice con rotelle sopracitata) un foglio con una scritta che urla: “E’ SEVERAMENTE VIETATO PARLARE!!”. L’attore si ferma, ma non resiste alla voglia di sfondare quella scena, di farla cadere: stracciare la scritta appesa alla cornice e portarla con irreverenza alla signora seduta in prima fila. Come si può pretendere di azzerare la mediazione di un attore?

Il pensiero monologante intreccia differenti scene, inanella sequenze di versi non immediatamente conseguenti, s’avvale di Artaud, Craig, Dullin, e Skahespeare. Cos’è il teatro? “Una porta..” ripete per tre volte la Goldschmidt sulla scena, tenendo tra le mani la cornice vuota. E si lancia in una tirata dal sapore parigino, in cui gli attori diventeranno manichini di cera da bruciare per la causa della rivoluzione. Dopo l’estinzione del fuoco ci si muove di ritorno verso le antiche ossa del teatro. “Tutto ciò che ho imparato è melodramma”: entrate in scena e uscite di scena. Uscite di scena, come la morte dei personaggi nel dramma cinese: piccoli fazzoletti di seta lanciati per aria a significare il passaggio, la caduta, il trascorrere del tempo, l’estinzione. Tra la superfice d’un segno che è convenzione e la profondità d’un gesto che rinvia alla vita ed al suo compiersi.

La gestualità è una buona fetta dello spettacolo. Di gesti è anche fatto il suonare di Francesco Agnello, quel suo ribattere, accarezzare, spostare l’aria attorno al suo strumento: una sorta di scudo e trottola allo stesso tempo, da cui escono note che somigliano ai suoni armonici della chitarra e rinviano a un tempo sospeso a cui si accorda il pensiero monologante dello spettacolo nel suo imprevedibile dispiegarsi fluviale.

L’ultima sequenza è forse quella che rimane più impressa: Dio al settimo giorno della creazione inventa il teatro per risparmiare la noia all’uomo, “per comprendere le leggi dei cieli, per consolare gli uomini solitari”. Ma gli uomini dalle tante pretese e dagli ingombranti io, si dimenticano il motivo per cui era stato dato loro. Così l’ultimo messaggio, sotto forma di biglietto, inviato da Dio agli uomini viene sepolto in un posto sconosciuto e dimenticato. Quello stesso biglietto verrà ritrovato soltanto dopo molto tempo, al suo interno sta scritta una sola parola, la chiave dell’esistere del teatro: warum. E le luci si spengono.

Finito lo spettacolo, dopo la terza uscita in scena per i convinti applausi del pubblico, gli attori sono scesi di nuovo in platea e si sono diretti verso l’anticamera della sala dove Francesco Agnello ha promosso lo strumento svizzero e il proprio lavoro musicale esibendosi nuovamente e dando spiegazioni al pubblico incuriosito del Biondo.

 


 


SPETTACOLI - "Warum Warum di Peter Brook al Biondo. Tra il 16 e il 20 gennaio 2013 al Teatro Biondo di Palermo è andata in scena l’opera Warum Warum di Peter Brook e Marie Héléne Estienne, nella sua versione ridotta. Francesco Agnello suona l’hang dopo la fine dello spettacolo, al suo fianco l’attrice Miriam Goldschmidt.– Sicily Present


 

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