Celebrato a Pagliarelli da Mons. Pennisi il Giubileo delle carceri

 

Lunedì 7 novembre, all’indomani del Giubileo dei detenuti celebrato da papa Francesco in San Pietro, è stato celebrato quello dei reclusi del Carcere di Pagliarelli a Palermo. La concelebrazione eucaristica è stata presieduta da mons. Michele Pennisi Arcivescovo di Monreale e membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che è stato invitato dal Direttore dell’Istituto Francesca Vazzana e dai cappellani dello stesso Carcere.

Una cerimonia semplice e molto intensa nella quale sono echeggiate più volte le parole espresse il giorno prima dal Pontefice.

Per prima la direttrice, ringraziando i presenti, ha voluto ricordare il gesto molto significativo compiuto dai detenuti delle varie sezioni, che nei giorni precedenti avevano rifiutato il cibo offerto dall’Amministrazione penitenziaria, come segno di partecipazione e condivisione della manifestazione tenuta a Roma prima della Messa e organizzata dai Radicali per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni carcerarie e sulla opportunità della emanazione di un provvedimento volto a sfoltire il sovraffollamento ancora presente nei nostri penitenziari.

Alla Messa ha preso parte anche Biagio Conte, per ringraziare per il cibo offerto alla Missione Speranza e Carità dai detenuti. Fratel Biagio nel suo breve saluto ha voluto ricordare come anche lui sia stato oggetto della Misericordia del Padre, e come proprio per questo motivo a tutti è concesso di chiederla e di riceverla.

Erano presenti tra gli altri il dott. T. Giancarlo Trizzino Presidente di Tribunale di Sorveglianza, alcuni membri dell’Unitalsi e diversi volontari.

Un detenuto ha letto una poesia composta dai detenuti alunni della classe III dell’Istituto Alberghiero all’interno della Casa Circondariale.

Mons. Pennisi ha portato innanzitutto ai presenti e alle loro famiglie il saluto dell’arcivescovo di Palermo don Corrado Lorefice, affermando subito dopo che si presentava a tutti come testimone dell'amore di Dio. “Vengo a dirvi che Dio vi ama – ha detto – e desidera che percorriate un cammino di riabilitazione e di perdono, di verità e di giustizia, per sperimentare la misericordia di Dio che Gesù Cristo è venuto a portare nel mondo”.

Si è poi brevemente soffermato sull’importanza che ogni società deve avere nel saper educare, aiutare, amare, riabilitare, far sentire ciascuna persona degna di essere amata e di essere promossa nella vita sociale.

Passando al commento del brano evangelico che parlava della parabola del Padre misericordioso e dei due fratelli, ha subito affermato che il suo scopo è: giustificare il comportamento di Gesù di fronte ai moralisti del tempo, che si scandalizzavano per la sua accondiscendenza verso i peccatori. 

Ha descritto la figura del figlio minore come di un giovane desideroso di conoscere il mondo, di fare esperienze, di sentirsi autonomo, che rifiuta l'appartenenza originaria perché ritiene che la presenza del padre lo opprime rubandogli spazio e che la casa paterna gli è troppo angusta.

Ha quindi affermato: “Il rapporto col padre è sul piano dell'avere anziché dell'essere; il padre è visto come il detentore della roba. Il peccato del figlio nasce dalla sfiducia nel padre, nell'aver ridotto i rapporti personali fra padre e figlio a rapporti di roba. Quindi, il peccato del figlio non è innanzitutto la vita libertina condotta lontano da casa. Questa è la conseguenza di un peccato precedente e più profondo: l'abbandono del padre, la sfiducia nel padre concepito come un padre-padrone”.

Ha poi spiegato che questo peccato ci riguarda da vicino perché per noi vuol dire dimenticare la nostra origine e, quindi, scegliere liberamente di essere schiavi. Ed ha poi aggiunto: “Riconoscere il proprio peccato è una condizione per poter ritornare a Dio, per sperimentare l'amore del Padre.

Ha poi illustrato la particolarità del rapporto che lega il padre al figlio minore.

“Il padre – ha proseguito – è il vero protagonista della parabola con il suo atteggiamento che a noi sembra così strano, perché improntato alla gratuità e alla misericordia. Il padre attende il figlio perduto prima ancora che il figlio pensi di ritornare. L'amore del padre si esprime come generosità senza limiti, come rispetto dell'altro, finezza, pazienza e tolleranza infinita, silenzio che ama, amore che sa soffrire senza pesare, tenerezza che sa soffrire e tacere, accoglienza gratuita e disinteressata, come perdono che ama e che fa festa”.

Le parole dell’Arcivescovo hanno profondamente colpito tutti i presenti che hanno trovato in esse un riscontro alla propria condizione umana di figli che attendono di essere sempre accolti e perdonati dal Padre.

Mons. Pennisi ha poi tratteggiato il rapporto tra il padre e il figlio maggiore rimasto in casa, “il quale - ha spiegato - presume di essere più onesto ed in forza di ciò accusa gli altri. Il Padre, invece, lo invita a superare il criterio dell'avere, del calcolo, del tornaconto e ad instaurare un rapporto fra persone fondato sull'essere”.

Concludendo ha poi detto: “La parabola è una sintesi plastica della storia personale di ognuno di noi, sia che ci identifichiamo nel figlio minore, che con il peccato abbandona la casa paterna ma poi decide di ritornare, sia che ci identifichiamo con il fratello maggiore, troppo farisaicamente sicuro di sé e dei propri meriti, geloso e sprezzante nei confronti del fratello minore. Ciò che ultimamente importa è che non dubitiamo mai dell’amore del Padre, ricco di misericordia, prodigo di amore pronto al perdono. Lasciate, dunque, che io vi chieda di tendere con tutte le vostre forze ad una vita nuova, nell'incontro con Cristo. Di questo vostro cammino non potrà che gioire l'intera società”.

Nella mattinata c’è stato modo di ascoltare anche il pensiero e le aspettative degli ospiti di Pagliarelli. Uno di loro ha espresso le istanze di tutti partendo dal ringraziamento al Papa per quanto affermato il giorno prima e riaffermando la richiesta di un provvedimento di amnistia che ben si collocherebbe in questo anno della Misericordia che volge al termine. Ha ricordato la manifestazione del giorno prima per le vie di Roma, l’impegno e l’abnegazione del defunto Marco Pannella a favore dei diritti dei carcerati, la sofferenza che la detenzione carceraria indirettamente provoca alle loro famiglie ed un appello finale per la sempre attesa riforma dell’ordinamento penitenziario.

Nel corso della visita mons. Pennisi ha poi percorso alcune aree del Pagliarelli intrattenendosi brevemente con gli ospiti presenti, molti dei quali svolgono varie attività di servizio.

Prima di lasciare il penitenziario mons. Pennsi ha augurato che nella Chiesa e nella società civile, a partire anche da questo Giubileo della misericordia, si prenda sul serio l’appello di papa Francesco. Ha poi invocato anche il rispetto dell’art. 27 della Costituzione italiana, che recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. “La pena dentro la prigione – ha concluso l’Arcivescovo – ha senso se, mentre afferma le esigenze della giustizia e scoraggia il crimine, serve al rinnovamento della persona, offrendo a chi ha sbagliato una possibilità di riflettere e cambiare vita, per reinserirsi a pieno titolo nella società”. Per ultimo ha richiamato la responsabilità della comunità cristiana che è chiamata “ad educare, aiutare, riabilitare, far sentire ciascuna persona degna di essere amata e di essere promossa nella vita sociale”.

 

 

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