12 gennaio 1848: a Palermo inizia la “Primavera dei popoli”

Il fatto storico ha senza dubbio alcuno un rilievo che richiede attenzione e merita d’essere ricordato. Non è quello di oggi un anniversario a cifra tonda; ma a distanza di 168 anni quanto accade a Palermo il 12 gennaio 1848 resterà per sempre tra gli annali del tempo come un evento che apre una nuova stagione europea passata alla storia con la definizione di “Primavera dei popoli”. Al di là dell’esito che nell’immediato se ne ha in Sicilia, quelle che da quest’isola si riverberano ben presto in tutta Europa sono insurrezioni destinate a mutare società e nazioni del Vecchio continente.

I moti hanno il loro inizio il 12 gennaio 1848 a Palermo per diffondersi poco dopo in altre città dell’Isola. Ne sono state premessa altre insurrezioni scoppiate nei decenni precedenti in funzione antiborbonica. Tra coloro che ne prenderanno adesso le redini vi sono nomi noti della storia cittadina quali Ruggero Settimo, Mariano Stabile, Salvatore Vigo. Il governo, dopo il rifiuto del duca di Genova Ferdinando di Savoia di accettare la corona a lui offerta, via via si darà una marcata impronta costituzionale liberale e reggerà fino al maggio dell’anno successivo, quando i Borbone riprenderanno il controllo della Sicilia.

I personaggi siciliani del Quarantotto sono figure familiari del nostro vissuto quotidiano. In questo senso, peraltro, non è marginale il fatto che li troviamo citati a indicare con il loro nome illustre le strade e piazze di molte città italiane. Un modo preciso, questo, per portare avanti negli anni la memoria di coloro che meritano il ricordo e l’onore pubblico.

Alcuni di essi saranno protagonisti del Risorgimento, come Francesco Crispi la cui centralità nella politica italiana si protrarrà lungo il corso di più decenni. Si pensi, poi, al ruolo istituzionale esercitato da Vincenzo Fardella di Torrearsa nel Regno d’Italia e alla presenza in prima persona di Rosolino Pino e Giuseppe La Masa tra i Mille che con Giuseppe Garibaldi l’11 maggio 1860 sbarcano a Marsala. O al valore che nella trattatistica politica hanno le opere di Gioacchino Ventura e di Francesco Paolo Perez. Giusto per tenerne a mente un paio come essenziale documentazione bibliografica e narrazione storica di quei giorni, va annotato che durante questa stagione l’uno e l’altro compongono e danno alle stampe Memoria per lo riconoscimento della Sicilia come stato sovrano ed indipendente e La Rivoluzione siciliana del 1848 considerata nelle sue cagioni e ne rapporti colla Rivoluzione europea.

Nel Quarantotto che si svolge a Palermo e in Sicilia ci sono trame e teorie politiche situate in una larga prospettiva europea, di cui resteranno a segnare la non facile evoluzione del dibattito sulla democrazia rappresentativa come forma di governo legittimata dal popolo e sempre più vicina a esso. Non a caso tra i temi cari a Ventura e Perez occupa un posto importante il federalismo, da entrambi riletto e riposizionato in quel periodo all’interno di una decisa chiave autonomistica e, come tale, in fondo mai del tutto uscito dalle visioni nazionali successive. L’impianto regionalista della Repubblica italiana, fissato 100 anni dopo nella vigente carta costituzionale, in effetti ne costituisce la versione realistica e attuabile nel frangente determinato dalla caduta del fascismo e dalla fine della monarchia.

La rivoluzione siciliana del 1848 è all’origine di uno scenario europeo che sta per cambiare. Anzi, si può dire che in essa si intrecciano ispirazioni indipendentistiche e cause sociali nell’ambito di una generale modernizzazione delle istituzioni politiche ritenuta ormai segno dei tempi.

Ecco perché è sempre interessante ricordarla ritrovandone i significati nel profilo dei protagonisti e ripercorrendone le aspettative nello svolgimento dei fatti. Ci sono senz’altro aspetti di vario genere da approfondire in queste vicende insurrezionali siciliane e da cui poterne trarre così il profitto di un giudizio valido ai nostri giorni, quando non mancano situazioni critiche sul piano geopolitico e sociale che necessitano di un discernimento adeguato, oltretutto capace di individuarne le prospettive future. Va da sé quanto ciò sia urgente soprattutto nello spazio del Mediterraneo. Dalla conoscenza della storia si ricevono insegnamenti che non è bene dimenticare.

Uno fra tutti: la libertà, in quanto cuore della vita, è condizione imprescindibile perché la storia di persone e popoli si compia in pienezza ovunque come dinamica di bene. E questo sta a voler dire, allora, che generazione dopo generazione non è mai concluso una volta per tutte l’impegno a proteggerla e a esserne degni.

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