“Baccanale privato” di Giuseppe Aziz Spadaro: un’antologia poetica di passioni


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Giuseppe Aziz Spadaro, Baccanale privato. Presentazione di Noemi ed Enrico Giachery, Consuntivo di Marco Bussagli, Edizioni Studio Tesi, Roma 2013 


 

 

 

Se dalla percezione comune veicolata dai sistemi formativi vigenti, parrebbe che il fatto letterario legato al poetare abbia già da tempo celebrato la sua silente scomparsa, quantomeno negli aspetti che lo legano ad un grande movimento culturale in grado di narrare dell’uomo e delle sue passioni, il libro di Giuseppe Aziz Spadaro (Noto 1934) è pronto a fugare ogni dubbio, nonché ad offrire al pubblico itinerari sorprendenti.

Dunque la poesia vive e, in una sorta di antologia che attraversa nel tempo opere e lavori dello scrittore, saggista e pittore (nome d’arte Michele Protospathario), sancisce per di più la sua autonomia narrativa, di concetto e letteraria.

Nel suo “Baccanale privato”, edito da Studio Tesi (Roma 2013), Spadaro consegna il percorso di appropriazione radicale di un mondo che oltre ad evocare il mito – non senza caratteristica e acuta ironia - la passione, le potenze naturali che riecheggiano dalla terra al cielo, celebra il fatto culturale e sentimentale. Intessuti con stile impeccabile e peculiare in un’unica prospettiva, gli elementi di cui parliamo, riportano l’immaginario del lettore verso la realtà di un post-moderno capace di cercare le proprie radici e, in altri termini, di sfidare con pacata serenità il vuoto di senso scavato tra sapere e vita.

L’autobiografia del sentimento, in modo alternato ma organico, si sposa con temi cosmologici e filosofici, grande milieu che l’autore, nel suo immane spazio di ricerca, fa proprio assumendone il gaudio etico-teoretico ma anche, e soprattutto, il peso di responsabilità. Quest’ultimo aspetto è legato immancabilmente alla parola, al suo dire, ma anche all’evento unico di una interiorità che si fa cosmo nell’atto creativo del pensare come in quello radicale del vivere.

Mentre emerge l’immagine cristallina e oscura ad un tempo del poeta, stavolta inteso come figura storica e di tipo psicologico, Spadaro migra tra lontananze remote e luoghi prossimi, tra l’oriente del Nirvana, di Shiva e l’occidente arcaico e biblico; popolato quest’ultimo dai suoi rappresentanti e demoni. Forze del bene e del male che si mischiano, si cedono reciprocamente il passo, per dar luogo a suoni ancestrali, figli dell’ebbrezza, ma anche novissimi in quanto lucido specchio del nostro tempo.

Eros lega uomini e Dei, mentre gli spazi della vita e della morte cercano la loro pur sempre inquietante serenità negli sguardi e nelle percezioni quotidiane dettate dal fluire del “tutto”. Dimensioni queste che rimandano a passioni personali e ad aspetti che seppur “privati” tendono irresistibilmente, quasi per vocazione intrinseca, ad esondare verso la comunicazione e a farsi tesoro di esperienze che aspirano all’eterno.

Il testo trova fondamentale “compendio” nelle illustrazioni, dipinti, xilografie dello stesso Protospathario, in modo che i diversi linguaggi si ritrovino sapientemente a cooperare nell’espressione di un contenuto che è già vita della narrazione poetica ed anche chiara cronaca di un intenso, unico, vissuto.

 

 

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