“Ricordi d’un viaggio in Sicilia”: il diario siciliano di Edmondo De Amicis


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Edmondo De Amicis, Ricordi d’un viaggio in Sicilia, Introduzione di Natale Tedesco, disegni di Monca Rubino, il Palindromo, Palermo 2014


 

 

Edmondo De Amicis conobbe la Sicilia. Nell’isola si trovò nel 1865 per ragioni militari, vi ritornò quarant’anni dopo, ormai sessantenne, per visitarla. E per scrivere il suo diario di viaggio, pubblicato nel 1908, nella stessa data in cui si spense, per i tipi dell’editore Giannotta col titolo Ricordi d’un viaggio in Sicilia.

Di recente la giovane casa editrice palermitana il Palindromo ha avuto la felice idea di ridare alle stampe il diario siciliano di De Amicis. Che, seppure succinto, si rivela piuttosto interessante ricco com’è di annotazioni psicologiche e sociologiche perspicaci per quanto, di tanto in tanto, e specie nel finale, vi affiori quel sentimentalismo e quella declamazione retorica di cui la prosa dell’autore di Cuorenon fu indenne.

Il tour di De Amicis parte da Messina, dove De Amicis è colpito dall’espressività degli occhi dei siciliani: «Oh quegli occhi siciliani così profondi, così acutamente scrutatori, così pieni di sentimento e di pensiero, e pur così misteriosi quando il loro sguardo non è spiegato dalla parola». E sono proprio gli occhi a rivelargli la complessità e le contraddizioni dei siciliani che, se da un lato gli appaiono dotati di una spiccata individualità, dall’altro manifestano i loro limiti nella sfera collettiva, refrattari come sono a ogni forma di associazionismo.

Da Messina De Amicis raggiunge Palermo, città che ammira per la sua struttura architettonica: le «due interminabili vie dritte – Maqueda e Vittorio Emanuele» che sboccano nello splendore barocco dei Quattro Canti. Da scrittore non privo di acume sociologico, De Amicis di Palermo coglie la dualità: il contrasto tra il lusso ostentato e la povertà, la magnificenza dei suoi palazzi e la fatiscenza di quartieri in stato d’abbandono e degrado. Questa duplice e contraddittoria condizione di Palermo (che De Amicis in una filastrocca sulle città italiane riportata in Cuore definisce la terribile) purtroppo continua a essere un tratto distintivo.

Lasciata Palermo, De Amicis ritorna nella Sicilia orientale percorrendo lunghi tratti in treno che gli offrono la panoramica di distese di terre sterminate e incolte. Lo scrittore percepisce così come uno dei mali principali che affligge la Sicilia e che spiega la diffusissima emigrazione è il latifondo.

Per De Amicis Catania, che anche nei monumenti vive di due culti (quello per Sant’Agata e quello per Bellini), è la città più prosperosa della Sicilia, sia per la fertilità delle sue campagne che per lo spirito intraprendente dei suoi abitanti. A Catania De Amicis incontra Mario Rapisardi, poeta che gli è molto vicino per sensibilità sociale e per comuni trascorsi militari.

Ultime tappe del tour di De Amicis sono Siracusa, città divenuta troppo piccola per reggere il confronto con il suo passato glorioso ma che conserva nell’archeologica gli antichi fasti, e Taormina, di cui magnifica le bellezze del teatro greco e della natura.

La conclusione di Ricordi d’un viaggio in Sicilia è un omaggio all’ospitalità dei siciliani in cui prevale, a discapito di pagine piene di spunti e di argute considerazioni, l’enfasi e lo spirito di autocommiserazione.

Il volumetto è aperto dall’interessante introduzione di Natale Tedesco ed è arricchito dai disegni di Monica Rubino, che firma anche l’accattivante copertina.

 

 

 

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