Tra le armonie della letteratura

 


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Maria Teresa Giuffrè, La riflessione letteraria. Scrittrici, scrittori, personaggi, Studi del Centro «A. Cammarata», Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2012, pp. 296, € 22


 

 

 

(2 giugno 2012) - Leggere La riflessione letteraria. Scrittrici, scrittori, personaggi di Maria Teresa Giuffrè (Studi del Centro «A. Cammarata», Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2012) è come ripercorrere le letture dell’autrice; letture cariche di “riflessione”, cioè di mondi altri riflessi all’interno di ciascun saggio, di scrittura meditante e di meditazione sulla scrittura. D’altra parte si tratta di strade che coprono l’arco di quasi trent’anni, dato che il saggio meno recente è datato 1982 e il più vicino risale al 2009: questo dilatarsi nel tempo degli scritti se da un lato permette di cogliere il variare dei campi d’interesse dell’autrice, d’altro lato conserva all’interno di ciascun testo vastità di letture e ricchezza di indicazioni.

La scrittura della Giuffrè è capace di rendere la riflessione letteraria come un’armonia a più voci: costruita sulla base delle proprie parole d’autrice critico che dialoga con le parole delle opere, le parole degli autori (magari in intervista o lettere) e le frasi dei critici che maggiormente hanno colto l’opera nel suo offrirsi; il lettore si ritrova nella disposizione d’animo di chi solleva le proprie vesti perché le braccia non sono bastevoli a raccogliere tutto ciò che gli viene offerto e allo stesso tempo si accorge come tutte quelle voci suonino consonanti. Di ciascun autore studiato nei saggi viene riattraversato il sentiero tracciato dalle sue opere, alla luce dei punti di riferimento artistici e degli orientamenti individuali. Ma la ricchezza di questo libro sta anche negli specchi che l’autrice mostra per intercettare ciascun autore. Così può capitare di incontrare all’interno del saggio su Giovanni Testori una definizione della studiosa Ingeborg Bachmann davvero interessante, secondo cui si può parlare di autenticità poetica allorquando “si è catapultati in una traiettoria per la vita e per la morte, il cui accesso è vietato ad ogni cosa o parola casuale”; o si scoprono tre versi affascinanti di Giuseppe Ungaretti, da cui ha preso il titolo un libro di Giorgianni “abbiamo finalmente smarrito/ l’itinerario della città./ E procedo col cielo addosso”.

I saggi sono divisi in quattro capitoli, come in quattro aree di interesse legate tra di loro: si parte dall’urgenza dello scrivere, di “esperire con totalità di sé stessi - per citare con la Giuffrè Mary Toti O’Brien - un accadimento, un tempo, un luogo, tradurli in termini precisi, farne mappa cui serbarsi fedeli”. Il titolo del capitolo La sola cosa che conta è scrivere (tratto da una frase de La parete di Marlene Haushafer) mostra l’oltranza necessaria avvertita dagli scrittori indagati; scrittori del tutto differenti tra di loro, dal giudice Dante Troisi che si consegna negli anni alla propria vocazione letteraria, all’affermata Katherine Mansfield, dalle già citate O’Brien e Haushafer alla “sinfonica severità” di Francesca Sanvitale. E in questo variare degli autori e delle autrici, emerge la facilità di entrare in sintonia col proprio oggetto di studio di Maria Teresa Giuffrè, come ad accordare a ciascun autore/autrice il tono, le parole e il suono che meglio si prestano a tratteggiarne un ritratto.

Il secondo capitolo, tutto al femminile, entra nel campo di una ricerca conoscitiva che non di rado varca il limite della preghiera, dalle prose della O’Connor alla scrittura filosofico-artistica della Zambrano, dal dramma vissuto e testimoniato dal talento dalla Hillesum alla “sprezzatura” (termine desueto ma rilanciato) di Cristina Campo. Il terzo capitolo entra nella sfera della “notte”, tema ineludibile per molta parte di scrittura novecentesca, seppure attraversato da differenti punti di partenza se solo si pensa che vengono posti in successione i saggi su due autori profondamente diversi come Giovanni Testori, nel testo compare anche la definizione di Carlo Bo che parla di “impietosa vocazione religiosa”, e Giorgio Manganelli, il “gran sacerdote della Letteratura totale”.

L’ultimo capitolo è dedicato all’anima religiosa di autori che vivono una condizione “di crisi della fede vissuta tutta all’interno della fede”, seguendo le parole di Mario Pomilio: partendo dal saggio sulla palermitana Angelina Lanza Damiani, in cui la Giuffrè segue le tracce del diario, delle lettere e delle poesie di un animo delicato che si misura col proprio tempo, arrivando anche a scrivere “solo la santità può salvarmi”; passando per l’esperienza, ricca e eterodossa, di Italo Alighiero Chiusano che scrive immerso nel “silenzio di Dio”; e chiudendo il volume con la figura del prete scrittore brontese Gianni Giorgianni, che in un passaggio di Missione Russia traduce la fede di un suo personaggio con un’espressione semplice e concisa come: “vivere e non aver paura a sperare…”.

La riflessione letteraria è un libro capace di far cercare al lettore altri libri, ricco di voci e di volti: come una raccolta di note di lettura; ma di note armoniche come uno spartito.

 

 

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