Cronaca di un giallo: «Morte d’autore a Palermo» di Antonio Fiasconaro


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Antonio Fiasconaro, Morte d’autore a Palermo, Nuova Ipsa Editore, Palermo 2013


 

 

(27 dicembre 2013) – Come è triste morire in un hotel, quale che ne sia la categoria. “Giù, tra le bestemmie e le imprecazioni dei vetturini e dei questurini che entrano ed escono di continuo, hanno chiuso in segno di lutto il portone dell’albergo, lasciando aperto soltanto lo sportello. – Chiuso? Perché chiuso? – Mah! Niente. Nell’albergo è morto un tale…”, così descrive Pirandello il gelo, l’inquietudine, l’indifferenza dei clienti e del personale di servizio nella novella “Nell’albergo è morto un tale”, memorabile come tante altre.

In un hotel morì nel luglio del 1933 Raymond Roussel: il più lussuoso ed esclusivo di Palermo, il Grand Hotel des Palmes. E fu una morte assai triste non solo perché dentro un albergo, tempio di per sé dell’estraneità, ma per le circostanze misteriose e ambigue che l’avvolsero. Di quella scomparsa, piena di intrighi e di interrogativi irrisolti, si torna a parlare in questi giorni grazie a un pamphlet, Morte d’autore a Palermo, di Antonio Fiasconaro, edito da Nuova Ipsa, da poco in libreria.

Il libro di Fiasconaro, redattore dell’edizione palermitana de “La Sicilia”, riaccende l’interesse intorno a un caso liquidato sbrigativamente dagli inquirenti dell’epoca, messo alla luce negli anni Sessanta del secolo scorso da un’inchiesta su “L’Ora” di Mauro De Mauro e, un decennio dopo, da Leonardo Sciascia con un opuscolo denso di dubbi inquietanti, Atti relativi alla morte di Raymond Roussel.

Fiasconaro prende le mosse dagli scritti di De Mauro e di Sciascia per indagare con incisività sulla morte di Raymond Roussel, delineando nei tanti dettagli – curiosi oltre che interessanti – il personaggio Raymond Roussel e tracciando il contesto storico-sociale dentro cui si svilupparono gli eventi.

Raymond Roussel giunse a Palermo nel giugno del 1933. Assieme a lui Charlotte Dufrene, avvenente e raffinata amica più che decennale, e un enigmatico autista assoldato a Parigi. Roussel e l’amica alloggiarono all’Hotel des Palmes in due camere separate ma comunicanti. Roussel rimase a Palermo per una quarantina di giorni, sino al 13 luglio, quando, nel pieno dei festeggiamenti della Santa Patrona, fu ritrovato privo di vita nella camera n.224. Le indagini della magistratura furono rapidissime quanto superficiali: si ritenne che Roussel perse la vita per un abuso di sonniferi e barbiturici.

La ricostruzione che di quelle ultime ore ci offre Fiasconaro evidenzia, anche col supporto di documenti e testimonianze inediti, le lacune dell’istruttoria. Al regime fascista appariva scomodo e sconveniente addentrarsi in un affaire morboso che avrebbe potuto in qualche modo complicare le relazioni, già non semplici, tra l’Italia e la Francia e che avrebbe nuociuto all’immagine di un Paese immerso nella retorica della dittatura. Perciò si spiega l’interesse degli inquirenti del tempo a chiudere il caso nel modo più celere e banale. D’altra parte Raymond Roussel, geniale scrittore dadaista allora inviso al pubblico e alla critica, abusava di droghe e farmaci, e la sua omosessualità – circostanza non indifferente per un’attenta investigazione – era nota solo a chi lo conosceva bene.

Se Sciascia con Atti relativi alla morte di Raymond Roussel aveva gettato ombre e dissipato sospetti su una vicenda gravida di oscurità assumendo tuttavia una posizione agnostica, Fiasconaro scava più in fondo, sui fatti e sulla personalità di Roussel, giungendo a conclusioni nette e per molti aspetti sconvolgenti. E il suo libro, con un finale sorprendente che fa rivivere un’ipotetica ma attendibile e circostanziata versione – avallata da indizi concordanti –, avvince come un giallo. 

 

 

 

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