Palermo. Rapsodia di arte nei secoli/4


Immacolata-2Palermo. Rapsodia di arte nei secoli. Pubblichiamo il quarto di una serie di articoli attraverso cui sono illustrati itinerari e descritte opere della storia e dell'arte di Palermo. In questo contributo è evidenziato il sottofondo storico che fa da premessa all'iconografia riguardante la solennità dell'Immacolata Concezione. Nei successivi articoli saranno approfonditi altri aspetti della storia artistica e architettonica palermitana. Ogni argomento è trattato in modo tale da contestualizzare il profilo culturale delle opere nell'ambito della dimensione viva della città. Gli articoli sono a firma di Rita Martorana Tusa e sono anche il frutto della sua collaborazione al Centro Culturale “Il Sentiero” di Palermo (www.ilsentieropa.it).

Ringraziamo entrambi.– Sicily Present


 


Rita Martorana_Tusa(7 dicembre 2012) – La solennità dell’Immacolata Concezione a Palermo. La solennità dell’Immacolata Concezione è profondamente radicata nella fede e nelle tradizioni popolari a Palermo, tanto che la festività dell’8 dicembre viene definita come “la Madonna” senza altre specificazioni, quasi non ci fossero nel calendario altre feste dedicate a Maria. Il dogma dell'Immacolata Concezione è piuttosto recente, infatti è stato proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, che sancisce come la Vergine Maria come la sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal suo concepimento. La devozione nei confronti della Vergine Immacolata è però ben più antica nella città di Palermo, ed è interessante ripercorrerne le tappe. Guardando alle modalità della diffusione del culto nel XVII secolo, epoca in cui attraverso dipinti e sculture si sviluppa e diffonde l’iconografia dell’Immacolata, si scopre come la proclamazione del dogma nel 1854 segna il punto d’arrivo di un processo secolare che vede protagonista la devozione del popolo, recepita e fatta propria dall’autorità religiosa e civile.

La devozione popolare verso l’Immacolata inizia in Spagna nei primi decenni del ‘600, e da lì si diffonde in Sicilia attecchendovi rapidamente, tanto che sia il re di Spagna Filippo III, sia la città di Palermo – insieme a tutta la Sicilia –, presentano a papa Paolo V una richiesta ufficiale di proclamare il dogma dell’Immacolata. Il 25 novembre del 1614 il viceré duca D’Ossuna ordinò alla città di Palermo di celebrare nella chiesa di S. Francesco d’Assisi la festa dell’Immacolata.

Nel 1624 Palermo viene colpita da una grave epidemia di peste, famosa perché nel momento di massima furia del morbo vengono rinvenute sul Monte Pellegrino e portate con una solenne processione in città le reliquie della vergine eremita santa Rosalia, che della città stessa da quel momento diviene la patrona. In quella circostanza il Senato di Palermo ricorre non solo all’intercessione di santa Rosalia, ma anche della Madonna, promettendo «di onorare la sua Immaculata Conceptione con fare la festa nel suo giorno a sue spese nella chiesa di Santo Francisco di Assisi di questa città con intervenire il Senato presentialmente alla festa con tucti li soi ufficiali» (1).

Il cardinale Giannettino Doria, interpretando la volontà popolare, il 15 agosto 1624 proclama in Cattedrale il voto da parte della cittadinanza «di confessare e credere che per i mariti del Figlio di Maria, Ella fu prevista e preservata fin dall’eternità senza peccato originale», e giura «di procurare con l’aiuto di Dio di tenere fino all’ultimo spirito di vita questa sentenza», terminando con la preghiera alla Vergine affinchè allontani dalla città il flagello della peste (2). Come narra il canonico Mongitore i fedeli accolgono con entusiasmo la decisione del cardinale al grido «Viva l’Immacolata Concezione di Maria Vergine, concetta senza peccato originale!», accompagnato dall’immancabile sparo di fuochi d’artificio che sigilla le feste siciliane.

Il Senato e il cardinale furono quindi spinti a questi gesti dalla volontà del popolo, che mostrava con le sue esplosioni di gioia la devozione verso la Madonna Immacolata.

La peste però continua a mietere vittime, e così il 16 novembre 1624 il Pretore di Palermo don Placido Branciforte, assieme al Senato al completo si rivolge nuovamente all’Immacolata eleggendo la «Vergine Madre di Dio sotto il titolo dell’Immacolata Concezione come principale e Primaria Patrona e Protettrice di questa città», e stabilendo che alla vigilia della festa tutti i cittadini «debbiano fare luminarii per tutte le finestre et strade di questa città». Afferma infatti l’atto del Senato: «in quale nome maggiormente sperare in questo pestifero contagio, che in quello cha la dichiara esente da ogni contagio del peccato originale?» (3).

Si stabilisce di onorare la statua in argento dell’Immacolata custodita nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Palermo con una donazione annuale di 100 onze (un rito che si mantiene sostanzialmente invariato ancor oggi, con la donazione che viene offerta alla Vergine dal Sindaco) e nonostante il pericolo del contagio si verifica uno spettacolare afflusso alla chiesa di san Francesco e alla processione.

Circa venti anni dopo, il 23 febbraio del 1643, un altro viceré, Don Giovanni de Cabrera, comunica a tutti i comuni dell’isola di avere scelto e nominato «come principale patrona di tutto il regno» l’Immacolata Concezione, e ordina di celebrarne solennemente la festa l’8 dicembre (4).

Il 2 agosto 1655 il viceré Rodrigo de Sandoval invia una lettera a tutti i vescovi dell’isola invitandoli a emettere il voto all’Immacolata come aveva fatto la città di Palermo nel 1624, e nello stesso anno il Senato cittadino ratificava nuovamente e solennemente il voto fatto, impegnandosi a richiedere che tutti gli arcivescovi e i viceré che si avvicendavano in Sicilia dovessero rinnovare il giuramento e il voto di credere, difendere e propagare il privilegio dell’Immacolata Concezione.

Dall’espressione che veniva usata, e che talvolta variava dal «fino all’ultimo respiro» usato dal cardinale Doria, al «fino allo spargimento del sangue» formulato da taluni viceré, tale giuramento è passato alla storia ed è rimasto nella tradizione popolare come «voto sanguinario» (5). Questa usanza è rimasta nel corso dei secoli, tanto che nel 1848 persino il parlamento siciliano rivoluzionario ritiene impegnarsi a rinnovare il giuramento e il voto con solennità e magnificenza.

Le opere d’arte collegate alla devozione sia delle associazioni laicali che degli ordini religiosi sostenitori dell’esenzione di Maria dal peccato originale, diffondono il prototipo iconografico dell’Immacolata Concezione, che si sviluppa in riferimento ai testi biblici dell’Apocalisse e alla Genesi. Raffigurare il concetto astratto del concepimento senza peccato di Maria in un’iconografia ben precisa non era affatto semplice; il riferimento che viene elaborato è a Maria come nuova Eva, destinata a portare nel mondo il frutto non del peccato ma della Redenzione.

Ella viene raffigurata con una veste candida e un manto azzurro, mentre calpesta il serpente dell’Eden, secondo la promessa di Dio. L’iconografia poi si arricchisce attingendo all’Apocalisse, e identificando l’Immacolata con la «donna vestita di sole», con la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle sul capo. I simboli che spesso circondano la Vergine si riferiscono ai suoi attributi e sono desunti dalle Litanie e dall’Antico Testamento, in particolare dal Cantico dei Cantici in cui la fanciulla Sulamita, la simbolica sposa, viene identificata con Maria: «chi è costei che appare simile all’alba, bella come la luna, pura come il sole… io sono la rosa di Saron, il giglio delle valli… il tuo collo somiglia alla torre di David… o fonte degli orti, pozzo di acque vive… tu sei un orto serrato, una fontana suggellata… questa tua statura è simile a una palma…».

Un primo riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa si ha infine nel 1661, quando papa Alessandro VII, con la bolla Sollicitudo omnium Ecclesiarum, pone le basi per la successiva definizione del dogma. Quando la notizia della pubblicazione della bolla perviene a Palermo «sonaro tutti li campani e nello Cassaro alcuni fecero luminarii et li Padri del Collegio spararo diversi furgarelli (fuochi d’artificio)». Striscioni con la scritta «Viva la gran Madre di Dio Maria Concetta senza peccato originale» furono affissi in tutti i cantoni delle strade (6).

Nel 1849 papa Pio IX con l’Enciclica Ubi primum chiede a tutti i vescovi di comunicargli il loro pensiero e i sentimenti dei fedeli in merito alla verità di fede dell’Immacolata Concezione. I vescovi della Sicilia non solo si pronunziano a favore del dogma dell’Immacolata, ma assicurarono il Sommo Pontefice che «l’Immacolata Concezione è talmente fissa nella mente dei siciliani, che da molti secoli, con decreto solenne della città, è stata costituita sotto questo titolo Patrona di tutto il regno e tutti giurano di difendere questo privilegio fino al sangue» (7), testimoniando così della fede profonda del popolo. Come già detto, la proclamazione del dogma avverrà poco dopo, nel 1854 (8).


Note:

(1) ASCP, Consigli civici, vol 72/12, cc.247, in A. Massa, Le divine e spirituali diligenze. Il culto dell’Immacolata a Palermo nel XVII secolo, in L’Immacolata e il rito delle cento onze – Fonti storico documentarie, Roma 1996, p. 45.

(2) A. Mongitore, Palermo divoto di Maria Vergine e Maria vergine protettrice di Palermo. Palermo 1719, pp. 68-69.

(3) Ivi, p. 72.

(4) G. M. Amato, De principe templo panormitano libri XIII. Palermo 1727, p. 329.

(5) P. Gullotta, L’offerta delle cento onze all’Immacolata Concezione ed il “voto sanguinario” del Senato di Palermo: una tradizione che si rinnova da oltre due secoli, in Il libro del giuramento all’Immacolata. Memorie di un rito urbano, Palermo 1996, p. 17-22.

(6) Mongitore, op. cit., p. 108.

(7) G. Filiti, Il dogma della Concezione Immacolata di Maria e la Compagnia di Gesù in Sicilia. Palermo 1904, p. 109.

(8) Per una disamina esaustiva delle tematiche relative alla proclamazione del dogma e alla devozione verso l’Immacolata in Sicilia si veda P. Filippo Rotolo, La cappella dell’Immacolata nella basilica di S. Francesco d’Assisi a Palermo. Culto e Arte, Palermo 1998.

 

 


La foto in alto è di Nuccio Lo Castro. 


 

 

 

 

 

 

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