“Giovani siate felici” Messaggio di Mons. Michele Pennisi per l’inizio dell’anno scolastico.

“Oggi non basta avere un popolo di giovani buoni; abbiamo bisogno di avere un popolo di giovani felici”.

Questa può essere considerata “la cifra” della lettera

http://www.diocesimonreale.it/site/2018/09/05/messaggio-agli-studenti-allinizio-dellanno-scolastico-2018-2019/

che come ogni anno monsignor Michele Pennisi, nella sua qualità di Vescovo delegato della Conferenza Episcopale Siciliana per l'educazione cattolica, la scuola e l'università ha inviato agli studenti siciliani in occasione dell'inizio dell'anno scolastico. 

“La lettera di Mons. Pennisi – dice Rita docente di Storia dell’arte a Palermo - potrebbe essere vista come l'ennesimo rito dell'inizio dell'anno, il predicozzo di dovere che gli educatori devono fare ai ragazzi. In esso invece ho riscontrato la sollecitudine autentica di un padre verso i suoi figli, che abbraccia tutte le loro preoccupazioni e contemporaneamente indica la strada, lasciando però a ciascuno la responsabilità del suo cammino

“Questa lettera – dice Cinzia, che insegna francese a Palermo - più che da commentare è da seguire e contemplare. Uno sguardo positivo in assoluto sul cuore dei ragazzi e sul loro destino”. Ed è questo al fondo l’invito che il presule rivolge ai giovani siciliani. Più oltre afferma, infatti: “L'invito che vi rivolgo è di ascoltare il vostro cuore, di comprenderne le ragioni profonde, di conoscere i desideri più veri che vi portate dentro”.

Ed infatti Diana, insegante palermitana, aggiunge: “Spesso, invece, questa bontà noi non la vediamo a prima vista nelle classi e una superficiale impressione che si ha dei ragazzi ci guida nella valutazione, insomma ci facciamo guidare da pregiudizi”. E contro il rischio del sentimentalismo Pennisi stesso che mette in guardia più avanti quando dice: “Questo ottimismo di fondo, che connota la visione cristiana della vita non è facile sentimentalismo. Al contrario esso affonda le radici sull’evento Gesù di Nazareth che ha cambiato il corso della storia”. E poi spiega: “La visione cristiana dell'uomo vi dice che il vostro cuore è buono. Ciascuno di voi è immagine e somiglianza di quel Dio buono e provvidente che Gesù di Nazareth è venuto a rivelarci nel corso della sua esistenza terrena”. La scommessa è lanciata, chi lo desidera la accolga innanzitutto nel suo cuore e poi nel confronto con compagni e insegnati.

Diana raccogliendo l’invito aggiunge: “In realtà non è facile leggere dentro i comportamenti degli studenti, ma se andiamo oltre la fatica scopriamo ragazzi indifesi e feriti già alla loro età da situazioni familiari difficili, da difficoltà economiche, da problemi relazionali, soli e senza fiducia in sé stessi. Però, come si legge nel messaggio, "non c'è ragazzo che non coltivi nella profondità del suo cuore il desiderio di ciò che è buono, bello e vero" allora il nostro compito di docenti diventa sì molto più complicato, ma anche più affascinante, un'avventura umana da vivere giorno per giorno insieme a loro alla scoperta dei desideri profondi e veri e tutto questo attraverso le nostre lezioni, attraverso i diversi contenuti delle discipline”.

Giacoma, che insegna ad Alcamo, parlando della propria esperienza commenta: “Avevamo bisogno di queste parole di Mons. Pennisi. Parole che dicono che nulla è perduto, nulla è banale, neppure quella baraonda che c’è a scuola, in qualunque ora del giorno. Se provi a stare attenta ti accorgi della ragazzina che piange dietro ad un rimmel troppo scuro, i suoi genitori si stanno separando. Di un fanciullo arrabbiato con il padre che lo ha lasciato ieri per andare a Torino in cerca di un lavoro. Se solo provi a stare attenta senti le parole di felicità di quell’altra che si è appena fidanzata e quasi le sono scomparsi i brufoli, vedi le nottate trascorse sui loro smartphone, in cerca di felicità, o la nostalgia per il nonno che è volato in cielo, l’unico che li ascoltava, o la delusione per un amico che li ha appena traditi”.

A queste giovani esperienze umane così ferite e piene di vita, desiderose di cambiare, ma incapaci di decidere da dove cominciare Mons. Pennisi si rivolge più avanti: “Carissimi giovani, non c'è morte che non possa essere vinta. Non c'è sconfitta, non c'è fallimento, non esiste ferita che in Gesù non possa trasformarsi in vittoria, successo e guarigione”.

“La campanella della scuola che frequentate - aggiunge più oltre - ogni giorno vuole darvi il "benvenuto", non imporvi un peso”. Ed Angela Maria, maestra supplente per vocazione, come ama definirsi, commenta: “In un'epoca in cui al mattino non si ode più il suono delle campane o il cinguettio degli uccelli ecco che il trillo della campanella scolastica realmente può ben significare benvenuto! se al suo suono si accompagna un sorriso di reale simpatia a me, proprio a me. Solo così il cuore si ricentra pronto ad affrontare il nuovo giorno. Solo così scaturiscono le alleanze possibili costruttrici di ponti fra tutti i soggetti coinvolti nelle vicende quotidiane”. E alla domanda che sorge spontanea: ma come si fa? risponde: “È necessario che ci sia uno, almeno uno che abbia cura di sé perché sa di essere unico, prezioso ed irripetibile”, che è lo stesso che scrive Pennisi, in un altro passo: “Vi invito a scrivere sul vostro diario o sul vostro tablet: Io sono prezioso agli occhi di Dio, degno di stima e di amore’, ma questo vale anche per ogni compagno/a di classe”.

Ma la lettera non glissa sulla contingenza storia più importante che vive la nostra scuola. Pennisi dice a tal proposito: “In un tempo come il nostro segnato dal fenomeno epocale delle migrazioni possiate essere nelle vostre classi e tra i vostri compagni i testimoni della cultura dell'accoglienza e della solidarietà, del sorriso che vince le paure e dell'abbraccio che unisce. Non cedete alle tentazioni dell'egoismo, dell'indifferenza, della pigrizia, del bullismo e della violenza nelle sue varie forme”. Sembrano risuonare le vibranti affermazioni fatte da papa Francesco in Piazza Politeama il 15 settembre scorso.

E a tal proposito Cinzia riafferma: “Mi sembra che Mons. Pennisi sfidi i ragazzi a rischiare, come anche il Papa ha detto al Politeama: camminare, rischiare nel quotidiano e anche a guardare il compagno di classe come uno che intanto ha bisogno di vedere uno felice non uno buono”.

Mario, che insegna a Ragusa, commenta così il suo primo giorno di scuola: “Mi accorgo che incontrare i miei alunni ridesta innanzi tutto me, rompendo gli schemi del già saputo. ‘Quest’anno ci avventureremo dentro l’umano attraverso i brani di letteratura che faremo - dico loro alla fine della lezione -. Alcuni dei sentieri che seguiremo io li ho già percorsi, ma solo voi potete farmi accorgere di tutto ciò che cresce attorno alla strada’. Solo la realtà sorprende. Solo lo stupore conosce. All’interno di un incontro che deve riaccadere a scuola, non solo nella promessa dell’inizio, bensì nel declinarsi di ogni giornata.

Ed ecco riapparire, in altra forma, i termini della scommessa. Mons Pennisi conclude così: “Attraverso lo studio quotidiano delle materie che concorrono alla vostra formazione, con l'aiuto di docenti motivati e preparati, guidati dai dirigenti delle vostre scuole, l'anno scolastico che state per iniziare possa costituire un tempo opportuno per conoscere sempre più e meglio voi stessi, perché, conoscendo e accogliendo la vostra umanità, possiate al tempo stesso accogliere ed amare l'umanità del vostro prossimo”.

E Rita, con un concreto richiamo all’attualità dice: “In questi giorni in cui il dibattito sulla scuola sembra avere come unico argomento l'uso del cellulare in classe, richiamare gli studenti, ma anche gli educatori, al fatto che la centralità va data alla crescita e alla felicità della persona e che anche la scuola può essere uno strumento per questo mi sembra un input da non lasciare passare senza confrontarsi seriamente”.

L’ultima parola è della Lettera di Mons. Pennisi: “La strada che sentite che vi appartiene, quel sogno che solo voi conoscete vi diano l'energia per affrontare quotidianamente con creatività e gioia il vostro dovere di studenti. Oggi non basta avere un popolo di giovani buoni; abbiamo bisogno di avere un popolo di giovani felici. La felicità rimane sempre l'aspirazione più profonda del cuore di ciascuno di voi, ma anche la vostra delusione più amara quando non riuscite ad afferrarla”.

Cercare la felicità è il modo più concreto per non essere sentimentali.

 

 

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