“Sono andato dal Papa per incontrare da vicino e rendere omaggio al Vicario di Cristo, il successore di Pietro”: così Mimmo Garofalo dopo il viaggio della delegazione diocesana al soglio di Pietro

 

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Mimmo Garofalo è nato a Palermo nel marzo del 1974 e qui vive da sempre. Lavora alla Sas, Società di Servizi, una azienda nata dalle ceneri di Sviluppo Italia Sicilia. Adesso presta la sua opera al Servizio Pensioni della Regione Siciliana. È affetto da sclerosi multipla dall’aprile del 1996. “Mi è stata diagnosticata questa malattia – dice subito – durante il servizio di leva. La conseguenza più rilevante da quel momento è la perdita dell’equilibrio. Mi muovo infatti sempre con l’aiuto di una stampella e più di recente anche con una sedia a rotelle, che tengo nel baule della mia macchina. Altra conseguenza è un elevato grado di stanchezza che spesso mi costringere a interrompere le attività che svolgo, compreso quelle sportive, e tornare a casa per riposare”.

Inevitabile a questo punto chiedere come faccia ad andare a lavorare ogni giorno.

Tengo la sedia a rotelle nella Smart, con la quale mi sposto in città. Appena giungo al parcheggio ogni mattina, il parcheggiatore lascia tutto e mi tira fuori la sedia dal cofano. Nel frattempo i miei colleghi si accorgono del mio arrivo, scendono di corsa e vengono a prendermi fin sull’ingresso e mi accompagnano alla mia postazione di lavoro”. Prende fiato e poi riprende: “Mi chiedono sempre di dire che cosa mi manca nella condizione in cui vivo. Rispondo che non mi manca quasi nulla, anche se la perenne stanchezza mi porta a valutare bene le fatiche che posso sopportare e a garantirmi adeguati spazi per riposare”.

A questo punto gli chiediamo.

Stante questa situazione, perché questo viaggio a Roma?

“Ho avuto la notizia del viaggio a Roma nella parrocchia di Sant’Ernesto, nella cui segreteria presto volontariato da alcuni anni. Ho voluto cogliere l’occasione al balzo, anche in forza dell’amicizia che mi lega da anni al suo parroco, Mons. Carmelo Vicari, per due ragioni. La prima deriva dal semplice fatto che quando il Papa è venuto a Palermo io ero fuori città. Mi è sembrato una sorte di atto dovuto visto che non ero a casa quando lui è venuto a casa mia”.

E il secondo?

“È certamente più importante. Si trattava, e così è stato, di incontrare da vicino e di rendere omaggio non appena ad una persona importante, ma al Vicario di Cristo, il successore di Pietro. Questa possibilità andava oltre la piacevolezza, l’importanza e la fatica che la proposta richiedeva, perché era una ulteriore occasione per esprimere la fede cristiana che ho ricevuto tanti anni fa in famiglia dai miei genitori”.

E poi come sono andate le cose?

“Il viaggio, pur nella sua brevità, è stato molto inteso e solo in parte faticoso. È stato contraddistinto dalla grande, condivisione e amicizia tra tutti, a partire dal nostro Vescovo e dai Vicari episcopali che sono stati sempre con noi, sulla nave, sul pullman e negli incontri che abbiamo fatto. Tutti hanno cercato di aiutarmi e non ho avuto particolari momenti di difficoltà, malgrado qualche imprevisto organizzativo che non è mancato. E’ stato per me evidente che quella non era una compagnia qualunque, ma quella della Chiesa che in quel momento aveva preso la forma in quelle persone. La stessa Chiesa di cui il Papa è capo e che avrei incontrato a Roma, di cui è parte importante anche il Vescovo, che mi sembrava come uno zio che si prendeva cura di me e di tutti noi”.

Qual è la circostanza, il luogo, il fatto che più ti ha colpito?

Innanzitutto la visita al Santuario del Divino Amore dove non ero mai andato e per un motivo che può apparire banale, ma non certamente a me. Piccolo passo indietro. Per andare a Roma ho dovuto rinunciare a due sedute di fisioterapia che faccio ogni settimana e che svolgo in un centro specializzato che si chiama proprio del Divino Amore. Essermi trovato in un luogo che portava lo stesso nome mi è parso un piccolo segno di questa storia che procede e che prende forme diverse per ricordare il fine verso cui andiamo. Altro momento molto significativo è accaduto in San Pietro alla Messa cui abbiamo partecipato tutti noi pellegrini. È stata la conferma sotto altra forma dell’amicizia che abbiamo sperimentato durante il viaggio e il riconoscimento evidente su cosa essa si fonda e da dove nasce”.

Quale può essere un giudizio conclusivo?

“Innanzitutto di gratitudine per l’incontro col Papa e per l’amicizia con tutti i partecipanti. E poi la certezza dell’amore di Dio nei miei confronti che si è espresso anche in questa circostanza attraverso volti e fatti che non avrei certo potuto immaginare prima”.

 

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