Vita e scrittura tra le pagine del libro di Grazia Di Liberto “Il cielo non è mai tutto grigio”

 

Martedì 12 luglio 2016 a Palermo, presso la Real Fonderia alla Cala, si è tenuta, alla presenza dell'autrice, la presentazione del libro di Grazia Di Liberto Il cielo non è mai tutto grigio. Lettera a mia madre (Edizioni People & Humanities 2016). Sono intervenuti oltre a Mauro Buscemi, editore del libro, Rosalia Pipia, presidente del Centro Culturale “Il Sentiero”, e Gaetano Profeta, docente di Religione all’Istituto Comprensivo “E. Ventimiglia” di Belmonte Mezzagno, conterraneo dell'autrice.

È stato un interessante incontro che ha voluto ripercorrere il libro nelle sue linee essenziali facendo intravedere agli ascoltatori la ricchezza del testo a cui si può attingere attraverso la lettura personale e credo che nessuno ne rimarrà deluso, anzi questo racconto permette quello che i lettori sempre cercano, in modo consapevole o no, cioè l'immedesimazione che dà la possibilità di leggersi dentro e capirsi un po' di più perché in fondo questo si chiede a uno scrittore: che ci aiuti nella conoscenza di noi stessi.

L'autrice, attraverso una storia in cui c'è molto di autobiografico, va a fondo della sua vita ma, come ha detto Rosalia Pipia, “in un tentativo di scandagliare la propria vita ricostruisce i frammenti di un mosaico e li rimette insieme e il risultato di questo lavoro interiore che si fa scrittura diventa un dono per il lettore”.

Grazia Di Liberto è stata consapevole della difficoltà della impresa ma ha capito anche che la fatica che occorreva fare era necessaria per la sua vita e ne valeva la pena come dice lei stessa nell’incipit al racconto: “A volte, le storie che non riusciamo a raccontare bene sono proprio le nostre. Ma se una storia non viene raccontata diventa qualcos'altro, una storia dimenticata”.

Attraverso l'analisi che fa del libro Rosalia Pipia capiamo che dentro c'è proprio tutta l'esperienza vissuta dell'autrice che rivive nella protagonista della storia, illusioni e delusioni, il perdono, l'amore, le domande sulla morte, tutto il dolore della vita che viene comunicato perché “il dolore quando non è comunicato può creare fratture nella persona. Può arrivare al cuore e spezzarlo”. La bambina protagonista del racconto ripercorre l'infanzia, tema centrale di tutta la narrazione, e capisce che deve accettare il perdono, solo così “riesce a trasformare il dolore in uno spazio di libertà” perché “il dolore se non ti distrugge è capace di farti conoscere di più”. Tanto che la protagonista, quasi, ringrazia del dolore e lo fa diventare comunicazione.

Rosalia Pipia fa notare come il raccontarsi assolve a diverse funzioni: “la narrazione come cura, come possibilità di redimere il dolore, chiave di accesso ad emozioni non accessibili in altro modo. La pena genera il canto, il caos la bellezza ma bisogna soffrire per arrivarci. Ma solo così al posto del risentimento nei confronti della vita c'è la gratitudine. Dipende da noi trarre un profitto dalla paura”.

È un libro, è stato detto, a tratti duro, scomodo che richiede anche nel lettore onestà intellettuale nel confrontarsi, tuttavia l'autrice utilizza anche l'ironia per trattare tutti questi temi così forti.

Gaetano Profeta ha messo in evidenza come il percorso narrativo dell'autrice sia giunto, in questo suo ultimo lavoro, a un compimento sia dal punto di vista del contenuto che della forma, la materia biografica viene raccontata attraverso un taglio diaristico a diversi livelli con una narrazione fluida e non artificiosa. È stato sottolineato che in questo libro tutto è al posto giusto. Tutto è detto al momento giusto e in modo esatto e chiaro.

Insomma, come ha detto Rosalia Pipia all'inizio del suo intervento, l'autrice non inganna perché tutto ciò che dice ha a che fare con la sua esperienza e il lettore lo capisce subito e non può che inoltrarsi nella lettura perché si riconosce in qualche modo in quanto viene narrato.

L'autrice non ha voluto aggiungere molto ma ha confessato di essere stata colpita da quanto si era detto sul suo libro, stupita che la lettura della sua storia abbia fatto capire tanto di lei e abbia messo in atto nei lettori una riflessione personale profonda. E questo è il segno che il libro già sta percorrendo la sua strada, sta già incontrando i suoi lettori in modi inediti che lo scrittore non può prevedere.

In ultimo Grazia Di Liberto ha voluto leggere la dedica del libro, ma non ha potuto lei fino in fondo perché vinta da una comprensibile emozione; è una sintesi della sua vita attraverso le persone care a cui chiede in ultimo quello di cui non si può fare a meno, l'amore di cui è piena ogni pagina del libro: “E spero che ciascuna di loro e tutti gli altri siano pronti, alla fine, a regalarmi una piccola parte del loro amore. Sono debole e pare che ai deboli sia consentito alimentare la speranza”.


 

 

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(ph. SP)


Scheda del libro.

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