Famiglia e accoglienza ai migranti: se ne parla alla mostra “Migranti, la sfida dell’incontro” giunta a Centuripe

La mostra “Migranti, la sfida dell’incontro” fa tappa questa settimana a Centuripe. Dopo l’inizio di Palermo e le tappe di Caltanissetta, Giarre e Catania, sarà esposta negli splendidi locali dell’oratorio di Maria Santissima della Consolazione, messi a disposizione dalla stessa Confraternita, fino al prossimo 24 marzo.

Meta già di numerosi studenti è stata visitata anche da Gigi De Palo, Presidente nazionale del Forum delle famiglie e Pinella Crimì, Presidente del Forum della Provincia di Enna. Ne abbiamo approfittato per porre alcune domande soprattutto sul rapporto famiglie-accoglienza.

Cominciamo con Gaetano Scornavacche, che ha curato l’arrivo della mostra a Centuripe e il suo allestimento.

Scornavacche, perché questa mostra a Centuripe? Il tema dell’accoglienza ai migranti è così rilevante in paese?

Avevo avuto modo di vedere la mostra al Meeting di Rimini: sono rimasto molto colpito per il modo come il tema è affrontato ed ho pensato subito che sarebbe stato bello farla conoscere ai miei concittadini. Una serie di circostanze e di contributi favorevoli (non ultimo quello dei costi, abbattuti grazie ad uno sponsor regionale) ci hanno indotto a parlarne sia a Centuripe che in Diocesi. Il consenso subito riscontrato ci ha indotto a provare questa nuova esperienza.

Perché anche in Diocesi?

Perché abbiamo trovato numerosi soggetti coinvolti nell’esperienza dell’accoglienza ai migranti desiderosi di coinvolgersi nella realizzazione.

E cioè?

Il Centro Culturale di Centuripe è stato il soggetto promotore, ad esso si è aggiunta subito la Caritas di Centuripe, alcune Confraternite locali, e poi vanno ricordate anche l’AVSI ed il Comune di Centuripe.

E come sta andando?

Molto bene. Di mattina sono numerose le scolaresche che vengono a visitarla e di pomeriggio abbiamo fissato una serie di appuntamenti come quello con gli amici del Forum delle Famiglie presenti oggi.

Presidente De Palo, qual è il suo giudizio sulla mostra?

Premesso che l’avevo già vista a Rimini, aggiungo che il contesto in cui si ammira a Centuripe la fa gustare e capire di più. Il primo aspetto riguarda i numeri che aiutano capire di più e meglio come noi siamo stati in passato emigranti. E poi aiuta a comprendere come sia necessario e indispensabile l’immedesimazione. Senza questo impegno è quasi impossibile capire il fenomeno.

Ma proprio i numeri non possono lasciare tranquilli né i cittadini né i governi. Che fare, dunque?

Proprio a partire dai numeri occorre un duplice intervento: formare tutti, a partire dalle nuove generazioni, e trovare soluzioni sostenibili, senza rendere banale il tema che è molto serio.

E dal suo punto di osservazione, signora Crimì, come stanno le cose?

Dico che in questo momento nella nostra terra è fondamentale comprendere quello che il Papa e la mostra dicono: siamo di fronte a persone e non a numeri. Spesso infatti ci facciamo impressionare dai numeri, dimenticando che dietro ogni numero c’è una storia, spesso drammatica. Riflettiamo solo su alcuni aspetti ormai noti. Ogni famiglia che lascia il proprio paese non sa se riuscirà mai a raggiungere la meta del viaggio. Ogni minore non accompagnato che parte non sa mai se riuscirà a sopravvivere alle difficoltà e alle violenze che dovrà subire. Non dovremmo banalizzare il tema, ma piuttosto ricordarci di “tornare ad essere più umani”.

Visto che abbiamo parlato di famiglie, qual è il vostro giudizio sullo stato delle nostre famiglie. Sono in grado di assumere con consapevolezza il compito dell’accoglienza e dell’integrazione di quelle che giungono tra noi? La parola a De Palo.

Innanzitutto occorre partire dalla condizione economica in cui versano tante nostre famiglie che vivono in Italia. Sono molte quelle che stentano a giungere con serenità alla fine del mese. È triste ammetterlo, ma si sta trasformando in una sorta di guerra tra poveri. Vorrei evidenziare un aspetto del complesso problema.

Quale?

Quello del ricongiungimento familiare. Ricordo che quando lavoravo alle Acli abbiamo constatato con i colleghi che portare in Italia i familiari dei capi famiglia provocava anche una diminuzione della capacità a delinquere di queste persone. È un altro piccolo ma significativo esempio dell’importanza sociale che ha la famiglia. Tra l’altro l’integrazione familiare potrebbe essere anche un aiuto al calo demografico che coinvolge tutte le nostre famiglie.

E il Forum delle famiglie come può contribuire?

Per esempio continuando a diffondere la cultura dell’accoglienza che alcune associazioni aderenti sviluppano in modo prioritario. Penso all’Associazione Giovanni XXIII oppure a Famiglie per l’Accoglienza, ecc.

Torniamo alla situazione siciliana. Signora Crimì come stanno le nostre famiglie?

Sono caratterizzate, soprattutto quelle più giovani, da una profonda solitudine. Manca la solidarietà familiare degli anni scorsi che era in grado di intervenire e sostenerle nelle difficoltà. Quelle giovani prive di questa rete sociale non riescono a fare esse stesse l’esperienza dell’accoglienza. Per questo è necessario innanzitutto una adeguata formazione.

Da dove ricava questo giudizio?

Cito solo l’esempio che traggo dall’esperienza del Banco Alimentare. Oggi le giovani famiglie in difficoltà economica non sanno a chi rivolgersi. Mentre prima c’era la mamma, il suocero, la zia, il vicino di casa cui rivolgersi in libertà, oggi giungono da noi prive di punti di riferimento. Capisco, quindi, perché c’è paura ad accogliere altri, quando non si ha certezza che il proprio tenore di vita possa essere mantenuto anche in futuro. Ma non è solo questo il problema.

E quale, allora?

In questo momento anche le nostre famiglie hanno bisogno di essere accolte nel più ampio contesto della famiglia umana. Se già vivono la paura di non farcela da sole, come possono assumersi altri oneri?

Chiediamo a Scornavacche come aiuta in questo la mostra?

Premesso che la mostra non ha soluzioni da offrire, aggiungo che ciò che più colpisce i visitatori, grandi e piccoli, sono le testimonianze di quelli che in qualche modo ce l’hanno fatta. Le testimonianze di alcuni video sono emblematiche perché dimostrano come solo un’amicizia, un rapporto, una mano tesa nel momento del bisogno, sono in grado di farci uscir fuori dal tunnel della disperazione e della fatica.

Torniamo al Forum e al suo presidente. Cos’altro c’è da fare?

Che ciascuno faccia ciò che può e ciò che deve fare. Il riferimento è alla politica che oggi non svolge questo compito. Noi possiamo e dobbiamo continuare ad accogliere, ma non è possibile né giusto negare a quanti arrivano una prospettiva di vita. E questo è compito innanzitutto della politica.

E questo come si può fare, signora Crimì, in una provincia come quella di Enna in cui la disoccupazione giovanile è alle stelle?

Preferisco raccontare un fatto. Ci sarà a giorni una riunione del Consiglio comunale a Leonforte sulla possibilità di ospitare un certo numero di immigrati. Il Sindaco ha voluto portare la discussione in Consiglio comunale per la sua importanza e delicatezza. Si è già formato un forte e maggioritario schieramento di opinione pubblica e cittadini che vogliono opporsi alla ipotesi con l’incontestabile motivazione: “Se già non riusciamo ad avere a sufficienza per noi, cosa possiamo offrire agli altri?”. Questa vicenda dimostra quanto sia complesso il problema e come sia necessario un approccio sereno, non ideologico e nemmeno sentimentale.

Scornavacche cosa si può aggiungere su Centuripe?

In occasione della presentazione della mostra il Sindaco ha anticipato che anche nel nostro paese sono in arrivo un certo numero di ragazzi stranieri non accompagnati. Sarà una importante sfida per tutti noi e credo che la mostra possa essere in questi giorni di aiuto.

Un’ultima questione: i giovani. Cosa dire loro e come aiutarli a scuola, come in famiglia? Prego De Palo.

La prima cosa è la testimonianza. Raccontare storie vere e far conoscere persone reali.

A Crimì, l’ultima battuta.

La voglio dedicare ai bambini. I bambini non conoscono le differenze di razza, di costumi, di religione. I bambini riconoscono solo altri bambini con cui giocare. Se vogliamo davvero che i nostri figli si abituino al diverso e che non abbiamo paura degli altri, dobbiamo lasciare che facciano “il loro mestiere, quello di bambini”. Se veramente insegniamo ai nostri ragazzi a chiamare per nome piuttosto che ad avere paura probabilmente loro sapranno fare molto meglio di noi.

 

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