“Camicette Bianche” di Ester Rizzo: donne siciliane nella memoria dell’8 marzo


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Ester Rizzo, Camicette Bianche. Oltre l’8 marzo, prefazione di Giuseppina Tripodi, contributo di Maria Pia Ercolini, Navarra Editore, 2014


 

Ogni anno l’8 marzo ricorre la Festa delle donne. Celebrata con ritualità consumistiche (cene tra sole donne, regalo delle mimose) e con sempre più rari dibattiti sulla condizione femminile. Che quello dell’8 marzo sia un evento in cui le convenzioni sociali prevalgono sul suo intrinseco valore lo dimostra il fatto che pochi ne conoscono l’origine. Che, secondo una versione ricorrente ma di fatto incerta e non documentata, risalirebbe a un incendio scoppiato nel 1908 nella fabbrica di “Cotton” di New York dove il titolare, a seguito di una rivolta femminile, avrebbe rinchiuso più di 100 operaie. La data in cui si celebra la Giornata internazionale delle donne in realtà è simbolica. Ciò che è invece è certo è l’incendio che il 25 marzo del 1911 travolse la Triangle Waist di New York, fabbrica di camicette bianche, in cui rimasero vittime 129 donne e 17 uomini.

Camicette Bianche di Ester Rizzo, edito da Navarra, richiama alla memoria quel tragico fatto. L’autrice però, che peraltro da sempre si occupa di tematiche femminili ed è referente nell’Agrigentino del “Gruppo Toponomastica Femminile”, non si limita a ricostruire l’accadimento nefasto dell’11 marzo 1925 indagando sulle cause che lo scatenarono e denunciando i colpevoli silenzi e le omissioni che ne seguirono: ma fa molto di più. Tenta di ricostruire l’identità, spesso riuscendovi attraverso ricerche meticolose e non facili, delle donne vittime dell’incendio. Soprattutto delle siciliane. Che erano 24, tutte giovanissime di età inferiore ai trenta, sbarcate nel “Nuovo Continente” per affermare la loro dignità nel lavoro e prede dello sfruttamento cinico e disumano della fabbrica.

Tante di quelle donne, seppure il loro sacrificio abbia contribuito storicamente al miglioramento della condizione femminile, sono state seppellite nell’oblio. Ester Rizzo, con questo encomiabile libro, le ridà un nome, ne ricostruisce l’anagrafe famigliare, l’immagine, la storia della breve vita. Così, per esempio, per Clotilde Terranova di Licata, che all’epoca della disgrazia non aveva ancora compiuto 24 anni: “Clotilde era molto carina, aveva i capelli chiari ed i modi gentili. Era sicuramente intraprendente per affrontare quel lungo viaggio… Nel nuovo mondo arrivò pure l’amore, infatti Clotilde era fidanzata e avrebbe dovuto sposarsi tre settimane dopo quel tragico 25 marzo”.

Il titolo del libro “Camicette Bianche” non si riferisce solo al fatto che la Triangle Waist Company fosse una fabbrica di indumenti femminili, ma anche al candore di quelle donne giovanissime che nella fabbrica cercavano il riscatto sociale e l’avvenire della loro vita e che invece trovarono la morte: alcune furono arse dalle fiamme, altre si gettarono dalle finestre per sottrarsi all’incendio. Il sottotitolo “Oltre l’8 marzo” sottolinea come il restituire alla memoria le vittime di quella tragedia ha un significato che supera ogni ritualità celebrativa, soprattutto se, come è avvenuto con la Festa della donna, questa si riassume in un avvenimento di cui si rischia di perdere l’autentica connotazione.

Da segnalare, tra le pagine iniziali del libro, la nota di Maria Pia Ercolini, ideatrice del progetto “Toponomastica femminile”, in cui si chiede alle amministrazioni locali di dedicare una via o una lapide alle vittime del 25 marzo 1911. E il monito della Ercolini non è rimasto inascoltato, a testimonianza del successo del libro. Alcuni comuni stanno già provvedendo, come ad esempio Marineo, che ha avviato l’iter per intitolare una strada alla ventitreenne Vincenza Benanti. 

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