Grotte della Gurfa, il thòlos più grande d’Europa

 

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(25 marzo 2014) – Uno dei luoghi siciliani più suggestivi, che da sempre è meta di turisti e di studiosi, è il complesso delle cosiddette “Grotte della Gurfa” presso il comune di Alia in provincia di Palermo.

Questo sito archeologico è stato l’oggetto di un convegno dal titolo Le Grotte della Gurfa di Alia tra Tardoantico e Medioevo organizzato martedì 18 marzo a Palazzo Ajutamicristo dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo con la collaborazione delle Edizioni d’arte Kalós. Sono intervenuti di Valeria Brunazzi, Monica Chiovaro e di Lucia Arcifa; ha concluso l’architetto Stefano Vassallo.

Il primo elemento che viene preso in esame durante l’incontro è legato al nome: contrariamente alla loro denominazione ufficiale, le “grotte” non sono affatto tali in quanto non trattasi di grotte naturali poi modificate dall’ uomo, ma di un vero e proprio monumento di architettura rupestre, scavato nella collina costituita da rossa arenaria. La corretta datazione e l’attribuzione di questa opera è ancora incerta ed enigmatica e la totale assenza di reperti archeologici a supporto rende ancora più difficile lo studio; la carenza di documenti e la mancanza di prove archeologiche hanno spinto gli storici e gli studiosi a formulare diverse ipotesi sulla genesi del sito, tutte peraltro incomplete o non ancora dimostrabili.

Le grotte hanno una caratteristica forma a thòlos con un grande foro sulla sommità della copertura cupoliforme e risultano essere molto simile al Tesoro di Minyas di Orchomenos o al famoso Tesoro di Atreo di Micene; le grotte di Alia sono quindi probabilmente associabili a quelle elleniche e databili, con molta approssimazione, al 1400 a.C.

Come il Tesoro di Atreo ha assunto il ruolo di sepoltura reale, conservando le spoglie del Re Agamennone, analogamente la Gurfa, secondo una delle teorie formulate, altro non è stata che la tomba del Re Minosse, la cui saga ha termine proprio in Sikania; Tucidide, Diodoro Siculo, Erodoto ed Omero, fra storia e leggenda, ci tramandano le gesta del mitico Re di Creta e della sua fuga in Sicilia.

Incerto è il periodo di costruzione di queste cavità, probabilmente riferibile all’età del rame, quindi circa 4000 a.C., ma sembra abbastanza sicura l’origine islamica del nome Gurfa, che potrebbe significare “fossa” o “stanza superiore”; ancora oggi in Africa settentrionale con tale nome si indica la parola “magazzino” o più appropriatamente “granaio”. Ed è proprio quella di granaio la funzione che assume il gruppo di grotte in epoca normanna e soprattutto sveva.

Poche notizie si hanno in merito all’utilizzo della Gurfa prima del periodo bizantino ma, tra la fine del VII secolo e gli inizi del successivo, l’isola comincia ad attrezzarsi militarmente per la difesa del territorio ed ecco che nella vallata ad est di Castronovo inizia la costruzione del Kassar, fortificazione posta a protezione dell’acropoli. Sarà l’Imperatore bizantino Costante II in persona ad attuare l’opera di difesa della Sicilia e del suo imponente granaio, utilizzando verosimilmente le Grotte della Gurfa come struttura di protezione e di conservazione del grano sia per gli approvvigionamenti civili che militari.

Nel corso della serata Lucia Arcifa ha spiegato come alcune fonti documentali di epoca normanna dimostrano che la Gurfa faceva parte di un casale posto al centro di un’importante quadrivio stradale formato dal percorso Nord-Sud, costituito dalla strada che portava da Palermo all’antica Girgenti, e dalla via che da Ovest verso Est conduceva da Palermo a Messina.

È su questo assetto viario che si innesta l’importante via di comunicazione Polizzi-Castronovo, la cosiddetta Magna via francigena Castronovi, che dalla vallata del fiume Torto alla vallata del Platani, ad Est della Busambra, ripercorre i solchi di una compagine viaria più antica. Durante il periodo della dominazione normanna il casale utilizzato dalla popolazione islamica, fu concesso dal re all’Ospedale dei lebbrosi di Palermo e successivamente ceduto all’Ordine Teutonico del governo svevo, che lo trasformò ufficialmente in feudo.

Negli anni rimane privilegiato l’utilizzo delle cavità come silos per il grano e, osservando le dimensioni dell’imponente struttura a due livelli, se ne deduce che l’approvvigionamento non era certo per un uso familiare o per una piccola signoria medievale del luogo bensì per un committente che di sicuro era collegato ad una complessa entità economica di carattere statale, trasformando di fatto quel territorio in un grande centro economico.

Dopo secoli di abbandono, numerosi sono stati gli usi che l’uomo ha fatto di questo prezioso sito archeologico, da magazzini agricoli a stalle, da abitazioni contadine a rifugio antiaereo nel periodo bellico.

Molti sono ancora gli interrogativi sulla Gurfa, questa misteriosa architettura a thòlos più grande d’Europa; tante sono le domande su chi le abbia ideate, quali tecniche e strumenti siano stati utilizzati per svuotare la montagna, quale sia stata l’originaria destinazione d’uso e quale sia la data esatta della costruzione. Difficile è dare una risposta certa a questi interrogativi che solo un sito affascinante ed enigmatico come le Grotte della Gurfa può ancora porre dopo millenni.

 

 

 

 

 

 

 

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