Per ricordare don Ciccio, in occasione dell’Istituto a lui intitolato a Catania

 

Erano appena iniziati a scorrere i titoli di coda del video sulla vita di don Francesco Ventorino, dal significativo titolo: Francesco Ventorino, la storia di uno sguardoche un fragoroso applauso è scoppiato tra i circa 800 intervenuti alla inaugurazione a Catania dell’Istituto scolastico a lui intitolato. Il motivo per cui tanta gente si era radunata era formalmente l’intitolazione dell’istituto, che fino a pochi anni fa era gestito dai Salesiani, ma nella realtà tutti erano venuti per don Ciccio, per rendergli un tributo corale e convinto a tre anni dalla sua morte. Il video curato dai suoi più stretti collaboratori, molti dei quali erano stati anche suoi allievi, al Liceo Spedalieri di Catania, in 24 minuti ha raccolto più che i fatti salienti della sua intensissima visita, il senso della medesima, che può essere espressa nella parola “educazione”.

Abbiamo provato a chiedere ai presenti di sintetizzare in una parola chi fosse stato don Ciccio: accanto ai termini “un padre”, “un pastore”, “una guida”, “un amico”, quello più ricorrente era “un educatore”. E l’educazione è stato il fil rouge che ha legato tutto l’intenso pomeriggio, a cominciare dagli interventi delle autorità presenti, che non hanno potuto non far riferimento al ricordo della loro esperienza educativa o perché legati al luogo in cui si trovavano, quello che in passato si chiamava Istituto San Filippo Neri, o perché legati alla figura di don Ciccio, da cui a vario modo erano stati educati e formati.

E così l’intervento finale di don Julián Carrón, attuale presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, una splendida lezione sull’importanza e il valore dell’educazione oggi, è stata la degna conclusione di un pomeriggio in cui tutti sono stati “costretti” a riflettere sull’importanza e il valore della scuola, e in particolare della scuola di ispirazione religiosa. Carrón ha ricordato alcune sue esperienze educative da insegnante e da sacerdote e ha fatto riferimento ai cinquanta anni del ’68 per ricordare come oggi quella libertà che indusse tanti giovani a muoversi e a prendere iniziative oggi diventa una obiezione, una difficoltà. “Per questo - ha concluso – compito di una scuola come questa è aiutare i giovani superare la paura della realtà”, così da poterli accompagnare, insieme ai genitori, in un cammino che li porterà a divenire adulti, umanamente e spiritualmente.

Michele Scacciante, Presidente della Fondazione Sant’Orsola, che gestisce la scuola e che in futuro si chiamerà Fondazione Francesco Ventorino, ha fatto rilevare nel ringraziare intervenuti e sponsor, come purtroppo oggi siano più le scuole paritarie che chiudono che quelle che aprono e come questo sia aggravato anche dai ritardi della nostra Regione Siciliana che, pur avendo competenze specifiche in materia, poco o nulla fa per aiutarle a vivere.

Il pomeriggio, movimentato anche da un improvviso e poco gradito scroscio di pioggia, ha consentito a tanti “figli spirituali” di don Ciccio per ritrovarsi in una “esperienza di popolo” che lui tanto amava. Erano venuti da tante regioni italiane e anche dall’estero per fare memoria dell’importanza che quel prete dai capelli rossi e dalla voce rauca ha avuto per loro nella loro vita.

Perché siete qui questa sera? Abbiamo chiesto. Molti hanno risposto: “Perché ci ha sposati”. Altri hanno aggiunto: “Perché ci ha accompagnati nella crescita umana e cristiana”, altri ancora “Perché è stato una guida nei momenti difficili”. Tutti per rendere omaggio ad un uomo che in ogni caso ha segnato la loro esistenza. C’era chi ha incontrato lui e CL a 15 anni ed è rimasto fedele al primo incontro, chi se ne è allontanato, anche per precise scelte, chi ne ha solo sentito parlare, ma in tutti c’era la consapevolezza di far parte di una storia che in quel momento si incarnava in quel popolo, in cui lattanti e anziani hanno la stessa importanza e responsabilità.

Di questa storia e di questo popolo fanno parte i tanti giovani studenti che frequentano l’Istituto Sant’Orsola e che di don Ciccio hanno solo sentito parlare. Erano tutti mobilitati da giorni per rendere bella ed accogliente la loro nuova scuola. Cercavano di esaudire tutte le richieste che venivano loro poste, ma si capiva che non erano lì per rendere un servizio. Erano in fondo i veri protagonisti della serata, ed anche se per un paio d’ore avevano lasciato il palco agli adulti, da sabato sarebbero tornati ad essere “i padroni della scuola”.

Una scuola che da sabato si chiamerà “Francesco Ventorino” e per prima cosa dovranno saper spiegare innanzitutto ai loro compagni che questo prete non era un ignoto martire dell’Unità d’Italia o uno scienziato di cui si sconosceva l’esistenza fino a poco tempo fa, ma un cittadino di questa città, che ha amato e contribuito a rendere migliore non costruendo opere pubbliche, ma costruendo personalità adulte in grado di affrontare e confrontarsi con tutte le problematiche della vita. Lo stesso che adesso viene chiesto a loro. Ecco perché don Francesco Ventorino sarà don Ciccio anche per loro. Perché attraverso gli insegnanti e i genitori sarà loro compagno nella grande avventura della vita, quella in cui lui ha creduto fin da giovane e per la quale non ha lesinato ogni fatica, fino alla morte.

 

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