Tajine di ceci, asparagi e gamberetti


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La cucina della tradizione siciliana è percorsa dal ciavuru d’intrecciate dominazioni. In questa terra assolata nel mezzo di tre mari, greci, saraceni, normanni, spagnoli, borboni e francesi ficiru, a loro agio, li comodi so’. Il titolo, curiusu per una rubrica di cucina, anela alla raffinatezza dei francesi, mutuato dalla sostanza dei siciliani. Scorza d’arancia è un foodblog e un libro di ricette scritto, curato e fotografato da Claudia Magistro, architetto paesaggista che in cucina ha ritrovato il suo giardino, tra erbe aromatiche e spezie che solleticano il naso. Questa rubrica sarà percorsa da profumi, evocazioni e racconti in uno stile di vaga “camilleriana” memoria, fra tradizione, innovazione e l’amore per la buona cucina.

"Scorza d'arancia" è ogni domenica online su sicilypresent.it


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(24 maggio 2015) – Al liceo classico insegnano il greco e il latino, lingue morte dicono i picciutteddi, mah! Forse apparentemente, in Sicilia no di certo. Il latino e il greco sono parte integrante della nostra lingua. Anticamente gli Elimi, i Sicani e i Siculi se ne stavano beati in quest’isola meravigliosa e si facevano i fatticeddi so’, quando a un tratto cominciarono a sbarcare ‘na poco di popoli forestieri e, tra una sciarratina e l’autra, lassarono un ‘contributo’ con il proprio idioma. Ora ‘sta cosa fici sì ca il nostro dialetto è riconosciuto come lingua, ‘n summa semu bilingue e nuddu lu sapi. 

Ai miei tempi, in casa era vietatissimo parlare in dialetto, faceva molto zallo, poco fine, ma oggi il dialetto è cultura, è riconosciuto come legame indissolubile tra passato e presente. Finalmente riprendiamo la nostra identità e la nostra storia. Saremo riconosciuti e legati a doppio giro dentro il nostro gruppo, oserei dire senza paura di sbagliare, multietnico, impegnati in un nuovo afflato per produrre bellezza, suono e musicalità attraverso lo studio e la canoscenza di tracce condensate di una storia millenaria. 

Sulla scia di un mio personalissimo canone di bellezza multietnica e mediterranea è anche questo piatto di chiara derivazione araba, ma impregnato da una ciavurata squisitamente primaverile. 

Tajine di ceci, asparagi e gamberetti

per 4 cristiani: 

per i ceci
150 g di ceci secchi
800 ml di brodo vegetale
una carota
un mazzetto di prezzemolo
uno scalogno
olio extra vergine d'oliva

 

Tritate finemente il prezzemolo, la carota e lo scalogno, soffriggete in un cucchiaio d'olio, dentro la pentola a pressione, unite i ceci secchi sciacquati (senza ammollo) coprite con il brodo, chiudete il coperchio e cuocete per 45 minuti. Sfiatate e scolate i ceci conservando il brodo.

 

per il tajine

olio extra vergine d'oliva
300 ml di brodo vegetale
un cucchiaino di estratto di pomodoro
2 scalogni
2 carote
100 g di patate
2 cm di zenzero fresco
curry
paprica dolce
16 gamberi
500 g di asparagi sottili

 

Nella tajine mettete un cucchiaio d'olio, lo scalogno affettato, l'estratto di pomodoro, lo zenzero tritato e due cucchiai d'acqua, stufate leggermente e aggiungete le patate e le carote affettate a rondelle, unite il brodo, le spezie e gli asparagi dopo aver eliminato la parte dura. Coprite con il coperchio e cuocete per 15 minuti, unite i gamberi e cuocete ancora 10 minuti.

 

per il cous cous alla vaniglia
200 g di cous cous precotto
1 cucchiai d'olio extra vergine d'oliva
350 ml di brodo di cottura dei ceci
una baca di vaniglia

 

In una casseruola ponete l'olio e il cous cous, portate a temperatura la pentola e tostate il cous cous con una spatola. Spegnete il fuoco e unite il brodo caldo, mescolate e coprite con un coperchio, lasciando riposare per 10 minuti mescolando ogni tanto. Sgranate con una forchetta e cospargete con i semi divaniglia. Servite nei piatti individuali con cous cous in forma e il tajine vicino oppure scolate il tajine sul cous cous e portate in tavola la pentola. 


Copyright © 2015 - Testo e foto CLAUDIA MAGISTRO - scorzadarancia.blogspot.it 


 

 

 

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