Pan brioche di Francia (pensando ai giardini di Le Nôtre)

Entrare in un giardino mi restituisce la consapevolezza immediata che si tratti di un compito intricato anche il “solo” inoltrarmi. Ma cosa è un giardino? Le pubblicazioni sull’argomento si perdono su scaffali di una biblioteca fantastica fatta di alberi dai rami che si sovrappongono e che si protendono verso il cielo a cercare la luce del sole, a bere gocce di pioggia o di rugiada. Storie di bellezza suprema, di essenza, di leggi sublimi. Forze fondamentali che formano “l’uno e il tutto”. E io mi sento nica, picciridda e inerme, sempre.

Le cicale nella stagione calda stordiscono, il sole è crudele e il caldo avvolgente, appiccicoso porta ciavuru di basilico. La ricerca di una zona d’ombra è necessaria, un rifugio fresco, una pozza d’acqua, uno spazio per riposare su una panchina di pietra fresca; una realtà che adoro.

Non ho paura di restare delusa nemmeno in inverno; l’incanto si avvera sempre e corrisponde tutte le volte alle mie aspettative per via degli intrecci, dei legami, delle relazioni che si attraversano sopra e sotto terra. Il giardino d’inverno è un tappeto fatto di rizomi e radici che corrono sotto i miei piedi, soffice erba di un verde vivido, scuro, fondo da falciare regolarmente come una frase da ricopiare interminabili volte prima che arrivi la neve e le gelate che lo rendono un foglio bianco tutto da immaginare.

Il giardino è un racconto, una “leggenda personale”, è memoria di sé, un’opera d’arte vivente con un’anima capace di limitare il mio legame da elementi distanti come il mare. Progettare un giardino significa pensare al futuro senza giudicarlo definitivo ma in continuo divenire. Uno spazio finito, concluso anche se non è recintato. Un posto che risvegli animi e appetiti, fonte di piacere e carico di significato. Nelle stagioni di mezzo,quando i rami sfiorano la terra carichi di frutti, mi alieno con un sogno colmo nella testa. I raggi di sole sono tiepidi, accarezzano e invogliano a stendere una coperta sul prato, aprire un cestino da picnic e godere di una delicata felicità: devo ricordarmi di portare il dolce, magari uno dal sapore francese che mi ricorda i giardini di Le Nôtre.

Pan brioche di Francia

400 g di farina

un cucchiaino di estratto di vaniglia fatto in casa oppure i semi di una bacca di vaniglia

90 g di zucchero

9 g di lievito di birra fresco

4 uova

180 g di burro morbido

3 g di sale

un tuorlo sbattuto con qualche goccia di latte per spennellare

La sera prima metti nell’impastatrice la farina, lo zucchero, il lievito sbriciolato, la vaniglia, uova e il burro morbido, aziona la macchina e aggiungi il sale. Otterrai un impasto molto appiccicoso. Infarina una spianatoia di legno e continua a lavorare l’impasto. Realizza una palla, ponila dentro una ciotola copri con la pellicola e metti in frigo per tutta la notte. La mattina dopo tira fuori dal frigo l’impasto per circa un’ora. Rimettilo sulla spianatoia e lavoralo per riscaldarlo ancora. Preleva una porzione di circa 80 g e fanne una pallina; ricomponi l’impasto maggiore e ponilo dentro uno stampo da brioche francese imburrato e infarinato, fai un incavo sulla sommità della palla e poni la pallina più piccola. Inserisci la teglia nel forno spento con la luce di cortesia accesa e fai lievitare dalle 3 alle 4 ore. L’impasto lievitato dovrà arrivare al bordo. Trascorso il tempo necessario alla lievitazione spennella con il tuorlo sbattuto con poche gocce di latte. Accendi il forno e porta a una temperatura di 170- 180°C (la temperatura dipende dalla potenza del tuo forno), e cuoci per circa mezz’ora. Fai la prova stecchino per verificare la cottura. Sforna e fai raffreddare un paio d’ore almeno.


Copyright © 2016 - Testo e foto CLAUDIA MAGISTRO - scorzadarancia.it

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La cucina della tradizione siciliana è percorsa dal ciavuru d’intrecciate dominazioni. In questa terra assolata nel mezzo di tre mari, greci, saraceni, normanni, spagnoli, borboni e francesi ficiru, a loro agio, li comodi so’. Il titolo, curiusu per una rubrica di cucina, anela alla raffinatezza dei francesi, mutuato dalla sostanza dei siciliani. Scorza d’arancia è un foodblog e un libro di ricette scritto, curato e fotografato da Claudia Magistro, architetto paesaggista che in cucina ha ritrovato il suo giardino, tra erbe aromatiche e spezie che solleticano il naso. Questa rubrica sarà percorsa da profumi, evocazioni e racconti in uno stile di vaga “camilleriana” memoria, fra tradizione, innovazione e l’amore per la buona cucina.

"Scorza d'arancia" è ogni domenica online su sicilypresent.it 


 

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