La Settimana Giovani a Sant’Ernesto nel racconto dei protagonisti

 

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Domenica sera. In parrocchia è finalmente tornata la calma. Dopo una giornata particolarmente frenetica con la confusione generata dalle prime comunioni, dalle Messe e da quanto vi ruota intono, è tornato il sereno. Solo la luce del salone è accesa. Mi attendono i giovani che hanno dato vita ad una settimana piena di impegni molto vari e significativi. Ho chiesto di farmela raccontare, ma non hanno tempo. Lunedì riprende l’università, il lavoro, la vita. Devo accontentarmi di parlare con loro mentre mettono in ordine il salone. Già, il salone! Per una settimana è stata non la loro seconda, ma la prima casa. Ci hanno mangiato, recitato, visto film, rappresentato spettacoli e feste per i bambini. “Mancava poco che ci dormissimo pure - scherza Alberto -”.

Provo a chiedere qualche impressione. Parte Alberto: “Stamattina durante la Messa mi sono fermato un attimo a riflettere e ho concluso che quello che abbiamo fatto questa settimana rimarrà, la gente ne conserverà la memoria, abbiamo scritto la nostra parte di storia di questo posto e di noi. Ora guardo questo luogo con occhi diversi e con cuore nuovo. Ora però, bisogna tradurre il ricordo in azione”.

Accanto c’è Chiara che vuole aggiungere qualcosa: “Questo periodo trascorso insieme per preparare la Settimana Giovani è passato con leggerezza, ma non la leggerezza che è sinonimo di superficialità, ma quella leggerezza che richiama la delicata carezza di un vento leggero che cova un fuoco pronto ad esplodere. In questa settimana tutto ciò per me si è realizzato”. Mentre le chiedo di essere più esplicita dal salone si alza un grido: “Di chi sono questi libri?” All’altro capo, Giulia risponde: “Sono quelli del professore Savagnone. Non me li fate scordare. Domani devo restituirglieli”.

Ritornata una relativa calma, Chiara riprende: “Spesso mi capitavano giornate così piene che venire in salone mi sembrava una follia, ma c’è stato qualcosa di più forte della stanchezza che mi ha dato la carica per tornare, per esserci sempre. E quelli siete stati voi. Voi, con i vostri sorrisi, i vostri abbracci, il vostro mettervi in discussione, la vostra voglia di dare, dare e dare ancora. Tra di voi ho percepito la gioia, quella vera, quella che più la doni e più ti senti pieno! Tra voi finalmente ho potuto essere me stessa”. Capisco che c’è qualcosa alle spalle che merita di essere esplicitato e Chiara ci prova: “Spesso in passato mi sono sentita strana, diversa. Ho provato a cambiarmi, a spaccarmi di brutto come facevano tutti, ma mai, mai quelle tante serate passate insieme a non far nulla mi hanno dato qualcosa. Oggi, invece, sperimento la pienezza che viene da Dio, quella vera, quella che viene dalle cose semplici, dall’umanità più intrinseca dell’uomo! Quella che ti scalda il cuore dopo avere sorriso e stretto la mano ad una vecchietta felice di aver passato una serata con te”.

Forse c’è il rischio di scadere nel sentimentalismo. Mi avvicino a Paolo che sopra una scala è impegnato a staccare dalle pareti i festoni per la festa dei bambini che c’è stata sabato. E comincia: “Ripensando a questa settimana, c'è un fatto che mi colpisce: siamo stati strumenti di qualcosa di più grande. Ogni lacrima versata ed ogni palpito del cuore che abbiamo provocato, non è stato interamente merito nostro. Chi siamo noi per raggiungere il cuore di tante persone, che ora entusiaste ci esortano ad andare avanti? Chi siamo noi per aiutare la gente a trovare la felicità che è dentro di loro? Siamo noi i primi ad aver bisogno di aiuto. Però stranamente quello che sento, è che più cerchiamo di trasmettere questo messaggio agli altri, più lo assimiliamo noi stessi”.

Si avvicina adesso Erica che ha finito di mettere ordine nel caos lasciato dopo la gara culinaria delle torte. Le chiedo: “Ma come vi è venuto in mente di iniziare una settimana così impegnativa con una gara culinaria”? “Il motivo – risponde – sta nel voler coinvolgere attivamente la comunità parrocchiale, creare occasioni di incontro e condivisione”.

Torniamo al giudizio su questa settimana. Le chiedo quale sia il suo. “Ringrazio innanzitutto tutti e ciascuno per aver contribuito a rendere speciale questa settimana, che non avrebbe potuto racchiudere meglio i mesi trascorsi insieme. Siamo cresciuti insieme nella Fede, siamo riusciti a superare alcuni nostri limiti, a venirci incontro e ad instaurare un rapporto ed un legame che nello spettacolo del venerdì hanno avuto la loro massima rappresentazione. Gli sguardi di complicità che ho visto in questi giorni tra di noi sono il più bel segno di tutto questo. E la conferma è arrivata oggi, nel momento conclusivo, in cui molte delle nostre corazze sono venute giù. Mi auguro che questo stupendo percorso insieme possa continuare ed arricchirci sempre di più e ad essere segno e strumento per tutta la comunità parrocchiale”.

Rita è stata finora impegnata a mettere ordine nei materiali utilizzati per la recita. Si tratta di restituire a chi l’ha prestato oggettistica di ogni tipo nonché abbigliamento vario. Le chiedo intanto di parlare della recita, del tema scelto, delle difficoltà nella realizzazione, del riscontro avuto tra gli spettatori. “Questo spettacolo è stato davvero una rivelazione per tutti… Non credevo, anzi non credeva nessuno di riuscire a fare tanto, di poter dare così tanto alla comunità, di credere in noi stessi, sulle nostre capacità, sul creare dei rapporti umani sinceri e veri. Il tema trattato è stato appropriato. Molte volte si legge il tema delle beatitudini ma non si capisce davvero la sua importanza e il vero significato che si dovrebbe trovare nella propria vita… Le difficoltà ci sono state, come in tutti i percorsi, in tutti gruppi, ma si sono superati alla grande. Il pubblico, tutta la comunità ha accolto con grande entusiasmo il nostro progetto e ha partecipato attivamente alle iniziative della settimana”.

Poi riguardo alla settimana esclama: “Beh che dire di questa settimana trascorsa insieme? È stata un insieme di emozioni forti, di gioia, di condivisione, di speranza, di luce in un cammino che si fa sempre più intenso, vivo, accesso di quella fiamma che farò in modo che sia sempre viva del calore della fede e della condivisione con il prossimo. Ho imparato che bisogna fidarsi, lasciare che qualcuno lasci un segno sulla vita dell'altro. Lasciarci trasportare dal Signore in vie che non si conoscono, che ci fanno paura, che temiamo ma che ci fanno crescere. Ecco come ho vissuto questa settimana... E solo adesso me ne rendo davvero conto”.

Matteo è per natura gioviale e alla domanda risponde: “Io in questa settimana mi sono divertito tantissimo. Grazie a tutti voi! Non ho mai organizzato un spettacolo: ero felicissimo. L'evento della proiezione del film è stato bello, ma di più lo è stato la festa per i bambini. Non dimenticherò questi momenti belli”. “Gli chiedo allora di raccontare brevemente della festa: “Giocare con i bambini è stato per noi un momento di gioia e leggerezza. Mi sono reso conto di quanto i bambini siano spontanei e diretti nelle relazioni, soprattutto quando si trovano a loro agio. E al gruppo ha fatto bene interagire con loro”.

Anche Federica propende per i toni allegri e prosegue: “Mi ritengo fortunata a far parte di questo gruppo perché trasmettete serenità e tranquillità. Forse è presto per parlare di famiglia però io qui mi sento in famiglia. Da domani scenderà un po’ di nostalgia perché mancheranno le serate, le mangiate, lo scherzare, insomma mi mancherà lo stare insieme, ma l’affetto della famiglia rimarrà”.

Ai toni allegri vuole aggiungersi Alberto che dice: “È stata una settimana fantastica, mi sono divertito come mai prima!!! È stato davvero intenso!! Lo spettacolo, la tavola rotonda, il film e i commenti a seguire, la festa con i dolci e i giochi!! Sono felice, sono felice perché sono accadute tante semplici e grandi cose, e perché tra le tante cose da grandi ho avuto anche la possibilità di tornare piccolo per qualche giorno”.

È arrivato Alessio che si scusa per essere giunto tardi, ma si inserisce subito nella discussione e dice: “È stata una settimana trascinante, con un crescendo entusiasmante di emozioni. All'inizio l’ho presa come uno tra i tanti impegni, poi, dalla metà in poi, si è trasformato in un turbinio di pensieri prima, di emozioni dopo, che mi hanno pervaso. Il venerdì mi ha confermato quello che iniziava a prendere forma dentro di me. Sabato mattina, la visita agli ammalati con Rita, che ringrazio tantissimo, è stato qualcosa che devo ancora metabolizzare”.

Credo sia giunto il momento di chiedere il perché di questa iniziativa a dir poco inusuale per i giovani. Gaetano la spiega così: “Abbiamo voluto fortemente fare questa esperienza di visita agli ammalati presenti nel territorio parrocchiale. Gli ammalati sono la parte più delicata della comunità, e il contatto con la sofferenza ci ridimensiona. Ci riporta coi piedi per terra. Soprattutto ci fa rendere conto di quanto i nostri problemi, per quanto importanti, siano relativi. E infine ti rendi conto che con l’ammalato ricevi molto di più di quello che dai. Incontri testimonianze di fede straordinarie”.

Dopo la spiegazione interviene Roberta che aggiunge: “Rispetto a questo io posso dire che se hai Dio dentro puoi avere anche 90 anni ma sprigioni sempre energia e voglia di vivere. Nelle tre case dove sono andata con Flavia posso dire di aver visto questo. Nonostante le sofferenze della vita, la presenza di Dio ha illuminato le loro storie”. A questo punto Rita chiamata in causa dice: “Io e Benny siamo stati in una casa di riposo. È stata un'esperienza fortissima. Una cosa è vedere una persona all'interno di una casa, con i propri cari, le proprie cose e altro è vedere tante persone che soffrono tutte insieme. Beh è diverso! Ognuno con il proprio dolore. C'era tanta sofferenza, ma anche tanto amore, condivisione. Non so spiegare bene ma mi ha davvero colpito. Vedere così tanta sofferenza ci fa capire davvero molte cose”.

Faccio notare che nessuno ha parlato della tavola rotonda sul documento post Sinodale. Christus vivit. Gaetano ne approfitta per trarre qualche conclusione: “Per tutta la giornata di oggi abbiamo ringraziato i tanti che ci hanno aiutato. Ma il ringraziamento più importante lo abbiamo fatto durante la Messa con l’Eucarestia consumata insieme. La sintesi e l’impegno di questa settimana può essere racchiuso in una frase del documento Christus vivit che dice: «il Signore ci chiama ad accendere stelle nella notte di altri giovani». In questa settimana ci abbiamo provato insieme ed è il fiore più bello che possiamo cogliere alla fine. Non vogliamo essere una comitiva, ma un gruppo di giovani che vogliono camminare insieme nella fede insieme a tutta la comunità parrocchiale e mostrare a tutti quanto sia bello poter vivere così. In questa settimana è apparso a tutti chiaro che Cristo ci chiama ad essere protagonisti della nostra vita. La nostra mente e i nostri propositi sono già lanciati al mese di settembre quando inizieremo a preparare la Settimana Giovani del prossimo anno. Personalmente aggiungo che insieme a tutti mi sento confermato nella mia vocazione. Spero di diventare presto sacerdote e conto su questa compagnia per rendere un buon servizio alla Chiesa e agli uomini”.

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