«Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli» di Gian Antonio Stella: vezzi e vizi della burocrazia


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Gian Antonio Stella, Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli. La guerra infinita alla burocrazia, Feltrinelli, 2014.



 

Pochi oggi ricordano Marcello Marchesi. Giornalista, scrittore, sceneggiatore, autore di canzoni, umorista, Marchesi poteva definirsi con un solo aggettivo: creativo. Dalla sua inesauribile fantasia nacquero slogan pubblicitari divenuti famosissimi, tra i tanti: «Il brandy che crea un’atmosfera».

Una sua battuta presta il titolo all’ultimo libro di Gian Antonio Stella, Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli, sottotitolo: La guerra infinita alla burocrazia. L’autore de La casta torna alla ribalta editoriale con un pamphlet, edito da Feltrinelli, gustoso e amaro che prende di mira vezzi e vizi della burocrazia. Ma anche i suoi costi legati ai privilegi che i grand commis tuttora possiedono.

La burocrazia, con le sue regole paradossali, è sempre stata fonte di ispirazione per la letteratura. Si pensi a Il castello di Kafka o alla caricatura dei burocrati in Quelli delle mezze maniche di Courtilene. Il libro di Stella, seppure non segua la scia di quei celebri romanzi, trae spunto dall’universo dei burocrati in un contesto di inchiesta giornalistica che coniuga la denuncia a un umorismo sobrio e dolente.

Gian Antonio Stella punta l’indice sui palazzi dei ministeri e delle regioni dove sembra regnare ancor oggi “la legge di Parkinson”. Parkinson è un economista inglese che sul finire degli anni ’50 del secolo scorso scrisse un libello in cui, con mordace e godibile ironia, teorizzò alcune regole che governano le organizzazioni conducendo al moltiplicarsi di mezzi e risorse (soprattutto umane) e al dilagare dei tempi a fronte di risultati modestissimi. Ciò che Parkinson si divertì ad enunciare nelle sue massime accattivanti (una su tutte: «Il lavoro si espande fino ad occupare tutto il tempo disponibile, più è il tempo e più il lavoro sembra impegnativo e importante») trova riscontro nella panoramica che ci offre Stella delle pubbliche amministrazioni, segnate da inefficienze, dispiego esagerato di personale, lentezza cronica, cavilli che mandano in tilt la pazienza dei cittadini.

Purtroppo nella non tenera analisi della burocrazia condotta da Stella (di origini siciliane) vi è posto anche per quella della Regione Siciliana. Che non brilla per gli stipendi del proprio personale (assai elevati quelli dei funzionari dell’Ars e da record mondiale quello del suo segretario generale), per trasparenza e semplicità di comunicazione (tra le chicche del suo saggio una nota scritta a Palazzo d’Orleans esempio del più barocco burocratese).

Ma proprio nella variegata pubblica amministrazione della nostra regione Stella rinviene esempi positivi, a dimostrazione che la sua disamina, lungi dal volere alzare polveroni fini a se stessi, è onesta e che negli apparati pubblici alle ombre (tantissime) si accompagnano le luci (poche). Tra gli esempi positivi che Stella ricorda vi è quello di Filippo Basile, l’integerrimo funzionario vittima quindici anni fa della mafia per essersi ostinato, pur tra mille difficoltà, a compiere il suo dovere.

 

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