“Si dubita sempre delle cose più belle”: amore, vita e letteratura nel carteggio tra Federico De Roberto ed Ernesta Valle


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Federico De Roberto ed Ernesta Valle, Si dubita sempre delle cose più belle. Parole d'amore e di letteratura, a cura di Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla, Bombiani, Milano 2014


 

Federico De Roberto ed Ernesta Valle si conobbero a Milano nel salotto di casa Borromeo. Era la fine di maggio del 1897 e lo scrittore di origini siciliane si trovava da poco a Milano in vista della pubblicazione del romanzo Lo spasimo e per la collaborazione al Corriere della sera di Albertini. De Roberto fu stregato dall'avvenenza e dall'eleganza di Ernesta Valle, una nobildonna giovanissima che frequentava la mondanità meneghina. Quella sera vi fu il classico colpo di fulmine da cui nacque una relazione furtiva che coinvolse tantissimo l'autore de I viceré.

Sulle vicissitudini sentimentali di De Roberto, e in particolare sul suo amore appassionato, almeno inizialmente ricambiato da Ernesta Valle, fa luce un poderoso volume edito da Bompiani, Si dubita sempre delle cose più belle, curato da Sarah Zappulla Muscarà e da Enzo Zappulla. Il libro raccoglie ben 764 lettere scambiate dai due amanti, scovate dai curatori – a seguito di pazienti e certosine ricerche – nell'archivio dell'Università di Catania (la Zappulla Mascarà è docente in quell'Ateneo di Letteratura Italiana). Le lettere ricoprono un arco di tempo ristretto tra il 1897 e il 1902 (quando la relazione fu più intensa) con qualche appendice negli anni successivi sino al 1913. Quelle scritte da De Roberto sono palpitanti, vibranti, accese, raccontano di un amore autentico non privo di irrefrenabile carica erotica e di abbandono sentimentale. Al punto che la prosa del grande scrittore – sottovalutato da Croce, che stroncò I viceré, e rivalutato da Sciascia, che invece considerò quell'opera un capolavoro secondo solo a I promessi sposi – talvolta trabocca di sentimentalismo e di enfasi da romanzetti d'appendice.

È merito di Si dubita sempre delle cose più belle, accattivante titolo tratto da una lettera di De Roberto, l'averci fatto conoscere meglio la psicologia non semplice di uno scrittore ritenuto, a causa di alcuni suoi scritti, misogino, e che invece amava le donne e soffrì molto le pene d'amore; un uomo, De Roberto, assai attratto dall'universo femminile, sia nella carne che nell'anima, dal carattere umbratile, minato da nevrosi e tendenze depressive, succube della dittatura edipica della madre, la nobildonna Marianna Asmundo Ferrara.

Il libro si segnala anche per un approfondimento dell'attività letteraria di De Roberto. Nel copioso carteggio con l'amante (battezzata “Renata”, cioè rinata all'amore) lo scrittore le confida progetti di scrittura (L'Imperio, il romanzo che dopo I vicerè e L'illusione avrebbe dovuto chiudere la trilogia degli Uzeda, rimase incompiuto e nell'epistolario emerge la fatica di De Roberto, in preda allo sconforto, di portarlo a termine) e accoglie suggerimenti della Valle per la stesura de Lo spasimo. Non a caso il libro ha come sottotitolo Parole d'amore e di letteratura: come spesso accade a letterati, la vita, e con essa l'amore, si confonde e s'intreccia con contesti fantastici e con quel “mondo di carta” in cui vivono immersi.

L'epistolario tra De Roberto e “Renata” Valle ci svela un rapporto sentimentale ricco di trasporto e di affetti e fa emergere aspetti sinora non sufficientemente considerati dell'uomo De Roberto. Le tantissime lettere rendono noti vicende intime e scandagli dell’anima destinati, in un amore clandestino, a rimanere segreti, tanto da far dubitare agli autori se l'averli pubblicati non abbia comportato una violazione della privacy dei due amanti. Nell’introduzione Sarah Zappulla Muscarà e Enzo Zappulla, infatti, notano che frugare tra le lettere d’amore ci dà «la sensazione che stiamo gettando lo sguardo su qualcosa che non ci appartiene», quasi stessimo spiando. E allora che farne delle lettere d’amore? – è l’interrogativo che si pone Roberto Berni in Documenti umani – : distruggerle per sottrarle a occhi indiscreti? O custodirle quali prove di aver vissuto la vita?

 

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