“La porta del cielo”: il rapporto tra fede e scienza nel romanzo di Gertrud von Le Fort


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Gertrud von Le Fort, La porta del cielo, Edizioni San Paolo, 2015


 

La porta del cielo della scrittrice tedesca Gertrud von Le Fort è un romanzo breve pubblicato nel 2015 in Italia nella collana Biblioteca Universale Cristiana per le Edizioni San Paolo.

Interessante storia che ripropone il tema tanto dibattuto del rapporto tra fede e scienza e che, con la tecnica del ritrovamento di un manoscritto, viene affrontato dalla autrice in due momenti temporali, il periodo del processo a Galileo e quello della seconda guerra mondiale, abbracciando un arco di tempo di secoli segno che dalla modernità ad oggi, cioè dall'affermarsi del metodo scientifico, accordare i due termini della questione è divenuto problema fondamentale della indagine filosofica e della ricerca individuale dell'uomo.

La protagonista della narrazione, nel pieno della seconda guerra mondiale, in una drammatica notte di bombardamenti, avrà modo di leggere, insieme al cugino scienziato, un documento di famiglia, il cosiddetto "manoscritto galileiano", che apre uno squarcio nel passato e fa vivere al lettore momenti del processo al Maestro, non chiaramente identificabile con Galileo.

Attraverso i dialoghi dei due giovani protagonisti del testo ritrovato riaffiora una pagina della storia in cui la scienza con le sue osservazioni mette in crisi la concezione dell'uomo e dell'universo che poggia sulle certezze della fede.

Si ha paura che la ormai provata concezione eliocentrica dell'universo, scalzando la Terra dalla sua centralità, elimini anche Dio dalla vita degli uomini come se Dio potesse incarnarsi solo al centro dell'universo e non, invece, anche in un pianeta di 'periferia'. Rimanere senza Dio fa paura, lascia l'uomo solo come orfano in un universo forse più conosciuto ma senza punti di riferimento. Lo si capisce dalle parole della giovane discepola del Maestro che attraversa fino in fondo la notte del dubbio: "Non abbiamo più un Dio che possa occuparsi di noi, non ci rimane che occuparci di noi stessi! (…) Ora l'uomo dovrà essere tutto per l'uomo! Ma che cos'è quest'uomo, e che cosa accadrà di lui?"; è la contraddizione della modernità, senza Dio l'uomo sembra non conoscersi nemmeno più eppure è il momento in cui la scienza apre orizzonti inediti di conoscenza.

Nelle pagine del manoscritto accanto alla perdita della fede emerge anche la posizione di chi, pur avvertendo tutto il contraccolpo delle novità, percepisce che si può aderire alla scienza nuova rimanendo cristiani perchè "una verità non potrebbe in nessun caso contraddirne un'altra" e il Creatore può apparire più grande proprio grazie alla nuova rappresentazione del cielo. È la posizione del giovane discepolo innamorato della ragazza che comprende come la verità della scienza non può essere in opposizione con quella della fede e avverte che "abbandonare la fede in Dio significava rinunciare alla fonte stessa della vita... Rinunciare alla vita stessa".

Il dialogo e le paure dei due giovani si intrecciano con le argomentazioni del cardinale che, pur consapevole che la scienza non può nuocere alla vera fede, pensa che la missione della Chiesa sia quella di difendere i credenti dalla conoscenza o dagli esiti delle nuove conoscenze come esprime in parole profetiche: "Ho visto gli uomini dell'avvenire (...) l'umanità futura provocherà un giorno la fine del mondo poichè la conoscenza è sempre punita dalla morte".

La fine del manoscritto si intreccia con i bombardamenti di una notte che lascia il segno e che sembra dare ragione alle parole del cardinale aprendo a una nuova riflessione. La ricerca libera, senza alcun limite, che ha inizio con l'epoca moderna porta con sè le sue contraddizioni, tanto da far dire alla protagonista: "Durante la notte del bombardamento ho imparato che tutto, tutto quello che abbiamo e tutto quello che siamo, è effimero". Ritorna allora l'esigenza di ritrovare Dio, di cui anche la scienza, giunta ai limiti estremi, sembra aver bisogno per rispondere a quelle domande che con il suo stesso progresso genera.

Ma occorre che avvenga qualcosa per tornare a Dio e il racconto ci lascia in questa sospensione, in questa attesa di un Dio che sfugga alle leggi di causalità e abbia qualcosa da dire prima di tutto al cuore dell'uomo. Tutta la narrazione, nei diversi piani temporali delle storie che si intrecciano, è attraversata dalla possibilità di una rivelazione che tutti i protagonisti, con lo sguardo alla porta del cielo, sembrano in certi momenti avvertire. Ma è il discepolo innamorato che, forse, perchè dà più credito all'amore che nutre nel cuore, riesce a cogliere qual è la natura dell'ordine dell'universo e alla giovane ragazza che ha smarrito la fede e si allontana anche da lui riesce a dire parole che rivelano l'essenza dell'universo: "Non concepisci la felicità che nasce dall'offerta gratuita del proprio cuore?".

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