Le cave di gesso di Messina

 

Situate nei pressi dell’omonimo villaggio, a pochi chilometri rispetto al centro abitato di Messina, le cave di gesso sono da ritenere, tra le cave siciliane, le più antiche ancora esistenti ed uniche nel loro genere nella regione e probabilmente nel meridione, per il tipo e finalità di utilizzo.

Di certo è possibile datare il loro utilizzo fin dal XII secolo allorquando si diede inizio all’edificazione della Chiesa di Santa Maria degli Alemanni situata nel centro storico di Messina. Infatti sia i conci che compongono la struttura dell’edificio, ben squadrati e con una lunghezza di circa 50 cm, che le colonne e i capitelli, sono formate da gesso selenitico proveniente dalle cave sopra menzionate.

L’eccezionalità del fatto consiste che il monumento in questione risulta l’unico esempio, nel meridione d’Italia, ove si sia utilizzato tale materiale lapideo.

Dal punto di vista geologico in Sicilia oltre che nell’area di Gesso-Calvaruso, ove sono presenti limitati lembi in affioramento la cui superficie totale è di poco superiore ad un Km quadrato, il gesso è presente, assumendo con maggiore estensione, nel nisseno e nell’agrigentino.

Il gesso è stato raramente utilizzato nel passato come materiale da costruzione, pur essendo roccia facilmente lavorabile, durevole e di discrete qualità estetiche; in Sicilia in particolare non si conoscono manufatti ove sia stato utilizzato il gesso selenitico considerato, a torto, dalle maestranze locali, materiale di scarso valore tecnico.

Per avere un riscontro sull’utilizzo di tale pietra dobbiamo far riferimento alla città di Bologna ove la cosiddetta “pietra di luna” (selenite) si ritrova nei resti delle antiche mura romane; anche la base delle due Torri è costituita da blocchi di selenite.

Le cave sono state coltivate fino ai primi degli anni ’70. Il materiale veniva estratto mediante esplosivo che permetteva il distacco di grossi blocchi litoidi. I blocchi, in loco, venivano suddivisi in altri di dimensioni ridotte. Successivamente veniva disidratato mediante cottura in appositi forni (i “carcari”, nome indistintamente usato per i forni da gesso e da calce) posti generalmente nei pressi della cava, e successivamente frantumato e polverizzato.

Attualmente le cave, pur se non attive da quasi quarant’anni, si presentano in un discreto stato di conservazione. Il loro abbandono non si deve all’esaurimento del materiale lapideo bensì a fattori economici di mercato che hanno reso non conveniente la sua estrazione.

Le cave di Gesso per il loro valore storico-scientifico rappresentano un “unicum” nel territorio siciliano nonché una prova testimoniale, ancora visibile, di un’attività pluricentenaria. 

 


 

LUOGHI & STORIE - Le cave di gesso di Messina

(ph. Massimo De Maria)


 

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