“I migranti, prima di essere numeri, sono persone”, ha detto papa Francesco. Una mostra al Meeting di Rimini spiega perché sono un bene per tutti

 

La 37a edizione del Meeting di Rimini, che si è conclusa lo scorso 25 settembre, lascia a tutti, visitatori e non, una significativa documentazione sul tema dei migranti: quella che è stata prodotta nella mostra “Migranti, la sfida dell'incontro”. Una mostra molto ampia e completa che non ha avuto timore ad affrontare un problema, definito dagli stessi organizzatori “molto complesso, che divide l'opinione pubblica e le cancellerie internazionali”. Una mostra che non ha voluto indicare soluzioni quanto “proporre un percorso di immedesimazione nelle vicende umane di coloro che lasciano la loro terra in cerca di un futuro migliore, e insieme di capire come l'incontro con queste persone interpella ciascuno di noi, la nostra umanità”.

Tutti i temi affrontati ci interpellano, perché ci costringono a vedere meglio, più da vicino, con minore scetticismo o disincanto, un fenomeno con cui l’umanità ha sempre fatto i conti; in particolare il Mediterraneo è stato teatro di grandi spostamenti di popoli, e di incontri che hanno avuto una rilevante importanza per la storia della civiltà europea, a partire dall'epoca greca e da quella romana. Al centro del Mediterraneo sta l’Italia di cui l'esperienza migratoria è parte integrante. Basti solo ricordare che tra il 1876 e il 1976 sono stati 26 milioni gli italiani che sono partiti per gli Stati Uniti, il Sudamerica e l'Europa.

Ed in effetti la mostra non ha timore ad affrontare tutti gli aspetti, anche quelli più controversi, che questa sfida pone a tutto il Paese. A tal proposito basta soffermarsi su questa citazione: «Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti… Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione». Sembra scritto oggi, ma si tratta di una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, ottobre 1912.

I numeri dicono che il fenomeno migratorio, interessa 244 milioni di persone e 60 milioni di rifugiati nel mondo. Ma sfugge a molti che la maggior parte di coloro che lasciano la loro terra a motivo di guerre e persecuzioni a sfondo politico, etnico o religioso si fermano nei Paesi vicini nella speranza di poter rientrare, in campi profughi che accolgono migliaia di persine in condizioni igienico sanitarie spesso disperate. In Europa arriva, dunque, solo il 10 per cento di queste persone, anche se negli ultimi due anni sono aumentati i flussi di coloro che provengono direttamente dall'Asia e dall'Africa e che si dirigono verso il Vecchio Continente. In particolare, nel 2015 le richieste di asilo presentate nell'Unione Europea sono state 1.256.000.

Non si può ignorare che Grecia e Italia sono i Paesi su cui grava maggiormente il peso dell'accoglienza, e che finora è sostanzialmente fallito il meccanismo di ricollocamento dei profughi in altri Stati europei, che era stato ideato per favorire una condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri della UE.

Ciò induce noi italiani a ritenere enorme un problema che subiamo solo in minima parte. Ciò che ci è certamente più vicino è il dramma di quanti muoiono nella rotta del Mediterraneo, quella più battuta e anche la più pericolosa: dal 2014 più di 10.000 persone sono annegate durante il viaggio in mare.

C’è poi all’interno la questione europea. Il dibattito in corso nella UE di fronte all'emergenza migranti fa emergere la mancanza di una strategia comune, frutto a sua volta dell'appannamento degli ideali di solidarietà e di apertura che sono alla base della costruzione dell'edificio europeo.

Ricevendo il Premio Carlo Magno, il 6 maggio 2016, papa Francesco ha messo in luce lo smarrimento che pervade il Vecchio Continente, tentato di "voler assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione". Si è domandato: "Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell'uomo, della democrazia e della libertà?". E ha auspicato "un'Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare", invitando a riscoprire "l'ampiezza dell'anima europea, nata dall'incontro di civiltà e popoli". È il sogno di un nuovo umanesimo, che accetta la sfida dell'incontro sottesa ai grandi spostamenti migratori. Una sfida che riguarda i governanti e i grandi decisori, ma che non può lasciare indifferente nessuno di noi.

Bisogna poi aggiungere e approfondire il virus del terrorismo di matrice islamista, autore di sanguinosi attentati anche dentro i confini della UE. L'Europa si scopre debole e indifesa: a questo proposito, oltre alla necessità di una rigorosa azione di controllo e prevenzione da parte delle forze dell'ordine, appare sempre più evidente l'urgenza che la civiltà europea sappia recuperare le ragioni della sua stessa esistenza ed esercitare una capacità attrattiva più forte rispetto al fascino esercitato dal terrorismo.

In Italia, dove vivono 5 milioni di stranieri di 198 nazionalità, sono numerosissime le esperienze di quanti in vario modo e per mille motivi hanno sviluppato significative esperienza di accoglienza e integrazione nei confronti di questi fratelli. La mostra ne raccoglie alcune, ma certamente il documento più prezioso che rimane è il catalogo/libro della stessa mostra (qui l'articolo) che ne narra sinteticamente ben 21 che spaziano dal nord al sud del nostro Paese.

“Non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, son persone, sono volti, sono storie”. Queste parole pronunciate il 16 aprile 2016 da papa Francesco in occasione dell’incontro con i profughi nell’isola greca di Lesbo, sono la bussola che ha guidato il lavoro dei tanti che hanno curato la mostra, ma sono una guida e un giudizio anche per il nostro agire quotidiano.

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